venerdì 26 giugno 2015
​Ridistribuzione di 40mila persone da Grecia e Italia, altri 20mila dai campi profughi. Ma niente quote obbligatorie.
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La proposta della Commissione europea di redistribuire in due anni 40.000 rifugiati dall'Italia e dalla Grecia verso gli altri Stati membri ("relocation") è stata al centro di un lunghissimo e acceso dibattito, la notte scorsa, durante la prima giornata del Consiglio europeo di Bruxelles, che prosegue oggi. I capi di Stato e di governo dell'Ue alla fine hanno approvato, attorno alle tre del mattino, un testo di compromesso che, pur mantenendo il carattere obbligatorio della cifra complessiva dei rifugiati da ricollocare, prevede una ripartizione per paese basata su un accordo "per consenso".
Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha combattuto fino alla fine contro il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e i leader di diversi Stati membri, per evitare che la ripartizione per Paese dei rifugiati "ricollocati" avesse carattere volontario, invece di essere basata su un'applicazione vincolante dei quattro criteri oggettivi proposti dall'Esecutivo comunitario: il Pil, la popolazione, il tasso di disoccupazione e il numero di rifugiati già accolti. Alla fine, le conclusioni del Consiglio europeo non menzionanoesplicitamente il carattere volontario della "relocation", ma, precisando che essa dovrà avvenire per consenso, presuppongono un accordo unanime degli Stati membri.
Non è escluso che su questo punto la Commissione apra una controversia istituzionale contro il Consiglio europeo, contestando la base giuridica del voto per consenso, visto che il Trattato Ue prevede la maggioranza qualificata per questa materia. Il compromesso, da questo punto di vista, appare piuttosto fragile.
Il vertice ha dato il via libera anche all'altra proposta della Commissione, che mira a reinsediare nei Paesi Ue 20.000 rifugiati provenienti da campi profughi nei Paesi terzi, come Turchia e Giordania. In questo caso, la volontarietà della ripartizione per Paese era già nella proposta originaria e non era mai stata messa in discussione.
Alla conferenza stampa conclusiva, accanto a Tusk, Juncker hadiplomaticamente negato lo scontro con il presidente del Consiglio europeo ma, scuro in volto, ha protestato con veemenza contro il "metodo di lavoro" dei vertici Ue e le massacranti maratone negoziali degli ultimi giorni sulla Grecia, osservando che "quando si è stanchi e non si dorme, non si prendono delle buone decisioni". Comunque, ha aggiunto, "importa poco che le ricollocazione dei rifugiati sia volontaria od obbligatoria: quello che importa è che ci siamo messi d'accordo sulla sorte da riservare a 60.000 rifugiati".
Secondo fonti del Consiglio europeo, la proposta legislativa della Commissione verrà ora sottoposta al Consiglio Affari interni dell'Ue e conterrà la cifra complessiva di 40.000 rifugiati da redistribuire, per essere adottata a maggioranza qualificata; tuttavia, per la ripartizione per Paese la decisione del Consiglio farà riferimento a un allegato che dovrà essere invece approvato "per consenso". Inoltre, il vertice Ue ha deciso anche di considerare come casi speciali l'Ungheria, per la quale c'è una esenzione totale, e la Bulgaria, parzialmente esentata. Si tratta di due Paesi con forti flussi di rifugiati. Uscendo dal Consiglio, il premier italiano Matteo Renzi, che ha sostenuto la battaglia di Juncker, ha definito quella di ieri "una giornata impegnativa". Sarebbe stato proprio lui a puntare i piedi. "Se non siete d'accordo sui 40mila non siete degni di chiamarvi Europa", ha detto ai leader, secondo quanto riferiscono fonti del vertice, aggiungendo: "Se questa e la vostra idea di Europa, tenetevela. O c'è solidarietà, o non fateci perdere tempo". Poi, incassato il risultato, ha ammorbidito i toni: "Abbiamo concluso un accordo che è la proposta iniziale di Donald Tusk, che fin dal primo giorno avevamo detto avrebbe potuto essere più ambizioso. Parliamo di 40.000 persone; ma tuttavia è un primo passo per dire che finalmente c'è unapolitica europea e non soltanto una politica dei singoli Stati" nel campo dell'immigrazione e dell'asilo.
"Ci sono state discussioni, e c'era - ha continuato Renzi - chi voleva che l'accordo si potesse fare solo su base volontaria, ma questa definizione non è nel testo. Naturalmente la Commissione è d'accordo con il Consiglio Ue, deciderà quali Stati prenderanno quali quote (di rifugiati, ndr); ma il principio che finalmente viene assunto è che questo non è soltanto un problema dell'Italia, non è solo un problema della Grecia, ma è un problema di tutta l'Europa. A me questo sembra un fatto positivo che evidenzio con grande gioia".
"Naturalmente - ha aggiunto il premier - c'è ancora moltissimo da fare... Io ho detto e ripeto che se di fronte a un piccolo numero come 40.000 persone non ci fosse stata solidarietà, sarebbe stata una presa in giro nei confronti dell'Europa. L'Unione è nata con ideali di libertà, di democrazia, di valori condivisi e non è pensabile che sia la patria dell'egoismo. Quindi, da questo punto di vista, l'aver raggiunto un accordo è stato un fatto importante" ha concluso Renzi.
 
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