martedì 16 maggio 2023
Il vescovo Kryvytskyi che guida la diocesi latina di Kiev: va sostenuto il progetto di Francesco, il solo leader che cerca la pace e che può essere interlocutore fra i Paesi in guerra
Il vescovo Vitalii Kryvytskyi nella Cattedrale latina di Sant’Alessandro a Kiev

Il vescovo Vitalii Kryvytskyi nella Cattedrale latina di Sant’Alessandro a Kiev - Gambassi

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La fotografia di papa Francesco è incorniciata in un quadro dai bordi rossi ed è affissa sulla parete principale. Lo studio del vescovo Vitalii Kryvytskyi è in un angolo della Cattedrale di Sant’Alessandro, nel cuore di Kiev. Oltre la grande finestra, dietro la scrivania, si scorge il verde del parco affacciato sul Dnepr, il fiume che divide in due la città. Adesso si chiama parco Khreshchatyy che in ucraino significa “parco della croce”. «Da oltre un anno l’Ucraina sta vivendo la sua dolorosissima Via Crucis - racconta monsignor Kryvytskyi -. Ma non sappiamo ancora a quale stazione siamo arrivati. Ci auguriamo che ne manchino poche al termine». La guerra è vicina e lontana dalla Capitale. Vicina perché i missili e i droni russi continuano ad avere come bersaglio Kiev. Lontana perché la metropoli ha ripreso a vivere e si sente più al sicuro, protetta dai sistemi di difesa aerea e convinta di essere riuscita a fermare i carri armati di Mosca diretti verso il cuore del potere.

Monsignor Vitalii Kryvytskyi, vescovo latino di Kiev-Zhytomyr, durante l'ìntervista con 'Avvenire'

Monsignor Vitalii Kryvytskyi, vescovo latino di Kiev-Zhytomyr, durante l'ìntervista con "Avvenire" - Avvenire

La mano del vescovo indica l’immagine di Francesco. «Il Papa intende riavvicinare due popoli e riconciliarli. È questo il suo progetto. E, a suo favore, ha una carta che nessun altro possiede: non è portatore di alcun interesse. Nella guerra che distrugge il nostro Paese ciascuna nazione o ciascun attore che può dialogare con Kiev e con Mosca ha interessi palesi o nascosti. Il Papa, no. Ha un unico obiettivo: la fine delle ostilità e quindi la giusta pace. Ecco perché è difficile trovare un altro leader che possa essere considerato migliore del Papa come interlocutore per le parti in lotta». Passare da interlocutore a mediatore è la sfida, secondo il presule salesiano di 50 anni che proprio papa Bergoglio ha voluto alla guida della diocesi latina di Kiev-Zhytomyr.


Francesco ha ricevuto sabato in udienza il presidente Zelensky che aveva chiesto l’incontro. E nei giorni precedenti aveva parlato di una «missione» di pace lanciata dalla Santa Sede. C’è un nesso?

Il Papa soffre per e con il nostro popolo. Il suo dolore emerge nei costanti richiami alla martoriata Ucraina, come la definisce. Nessun’altra figura sulla scena mondiale è così vicina a noi. Perciò penso che sia necessario accogliere l’intervento del Papa e della diplomazia vaticana. L’Ucraina vuole che si fermi questo inutile spargimento di sangue. Ma il Cremlino ha tutt’altra prospettiva e continua ad alimentare il suo disegno colonizzatore. Credo che la recente visita del presidente Zelensky al Papa confermi la disponibilità dell’Ucraina a cooperare con la Santa Sede. Perché non si tratta solamente della guerra in Ucraina. Infatti va costruita una pace stabile su scala globale.

Ci sono le condizioni per il dialogo?

Ora, purtroppo, no. C’è bisogno che l’aggressione cessi e che i territori dell’Ucraina tornino a essere nostri. Se qualcuno della comunità internazionale decidesse a tavolino quali dovrebbero essere i confini dell’Ucraina, sarebbe una scelta ingiusta, che calpesta la dignità di un popolo. Pace e giustizia sono due virtù che hanno fondamenta divine: non può esserci l’una senza l’altra.

Il vescovo Vitalii Kryvytskyi nella Cattedrale latina di Sant’Alessandro a Kiev

Il vescovo Vitalii Kryvytskyi nella Cattedrale latina di Sant’Alessandro a Kiev - Gambassi

Il Papa è già un mediatore fra Ucraina e Russia che contribuisce alla liberazione dei prigionieri di guerra.

Il suo ruolo è determinante e ha una valenza umanitaria. Come testimonia anche l’invio costante di ingenti quantitativi di aiuti. Anche nelle nostre parrocchie in molti hanno parenti detenuti oltre confine. Serve una pastorale per le famiglie colpite da questo dramma che le sostenga e le abbracci.

Poi ci sono le deportazioni dei bambini in Russia, richiamate anche da Francesco.

Questa è una piaga terribile che priva il nostro Paese del suo più prezioso tesoro: il futuro. In Ucraina tutti sanno che non ci sono soltanto trasferimenti forzati di ragazzi ma anche di adulti. Reputo corretto che Putin sia stato incriminato dalla Corte di giustizia dell’Aja. Abbiamo già avuto troppe deportazioni durante l’epoca dell’Urss, come purtroppo sa bene il nostro popolo.

Avverte stanchezza nella gente?

Sicuramente. C’è un enorme stanchezza. Tutti desideriamo che la guerra si concluda al più presto. Ma dopo un anno di attacchi ci siamo quasi abituati a convivere con il conflitto in mezzo al quale, nonostante tutto, proviamo a scorgere luci di speranza. Ciò dice il coraggio della popolazione che cerca in molti modi di sostenersi a vicenda. Lo dimostrano i ritorni nelle terre d’origine.

È da tempo in corso un controesodo dopo la grande fuga dei primi mesi di invasione.

La fatica ha contribuito anche a questo. Si è stanchi di vivere lontani, da stranieri, senza soldi. Allora si rientra. Del resto l’inverno è passato e abbiamo resistito al gelo con cui la Russia ipotizzava di metterci in ginocchio bombardando le infrastrutture energetiche.

Il vescovo Vitalii Kryvytskyi nella Cattedrale latina di Sant’Alessandro a Kiev

Il vescovo Vitalii Kryvytskyi nella Cattedrale latina di Sant’Alessandro a Kiev - Gambassi

Gli aiuti umanitari sono sufficienti?

I bisogni crescono. Le medicine e il sostegno psicologico sono un’urgenza. Ma adesso abbiamo necessità di percorsi strutturati. Per esempio, penso alle nostre cucine sociali che sfamano 700 persone a volta, per lo più sfollati. Era naturale che calassero gli aiuti dall’Occidente con il passare del tempo. Anche il presidente Zelensky ha detto che chi abita nei territori più tranquilli può dimenticare la guerra. Ma lungo il fronte si sfiora l’emergenza. L’Europa resti al nostro fianco.

Quando finirà la guerra?

Non è l’ora delle profezie. Benché la pace sia un dono di Dio, tocca a ciascuno di noi, soprattutto a chi ha responsabilità politiche, agire in questa direzione. In particolare la comunità internazionale deve fare la sua parte. Non si può continuare a far morire la nostra gente.

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