sabato 9 settembre 2023
Bilaterale tra Li Qiang e la presidente del Consiglio, che rassicura: nessuna interferenza. La posizione sul clima: stop ai radicalisti, da Roma 3 miliardi all’Africa. Incontro anche con Modi
Meloni con il primo ministro indiano Modi

Meloni con il primo ministro indiano Modi - ANSA

COMMENTA E CONDIVIDI

L’operazione di sganciamento dalla “Via della seta” è politicamente conclusa. Manca la parte formale di disimpegno dagli accordi, certo non trascurabile. Ma il passaggio decisivo, la comunicazione delle volontà italiane al governo cinese, è avvenuto ieri nel colloquio al G20 indiano di New Delhi tra Giorgia Meloni e il primo ministro di Pechino Li Qiang. Un faccia a faccia che, secondo le ricostruzioni degli sherpa italiani, è andato «molto meglio di quanto ci si aspettasse».

Li Qiang, sulla scia dell’ultimo tentativo di pressing provato pochi giorni fa dal ministro degli Esteri Wang Yi sul titolare della Farnesina Antonio Tajani, ha provato a convincere Meloni a non lasciare l’accordo sulla Via della Seta, sottoscritto dal governo Conte I. In particolare, ha chiesto alla premier italiana, dopo un incontro tra le delegazioni, un faccia a faccia privato. Ma l’Italia, ha spiegato Meloni, esce dall’accordo in base ai numeri sull’interscambio, insomma in base ai dati di merito, «non perché qualcuno ce lo dice». Insomma, Meloni ha rassicurato le autorità cinesi che le relazioni con l’Italia proseguiranno senza essere condizionate dai timori statunitensi.

Il tema della visita di Meloni a Pechino entro l’anno è ancora in sospeso. Così come è difficile capire se l’Italia parteciperà, a ottobre, al decennale della Belt and road. Di certo c’è l’intesa per celebrare nel 2024, con la massima solennità istituzionale, il ventennale del partenariato strategico globale Cina-Italia. Come annunciato da Tajani, ci sarà anche la visita del capo dello Stato Mattarella a Pechino.

Insomma, uscita «soft» dalla Via della Seta e rilancio «a 360 gradi», secondo la formula usata dalla premier con Li Qiang. In sostanza la proposta italiana è quella di attuare il cosiddetto “lodo Tajani” e tornare allo spirito degli accordi di Berlusconi del 2004: uscita soft dalla Belt and road, «massimo rispetto della leadership politica cinese e in particolare del presidente Xi», rilancio della collaborazione strategica riprendendo la strada imboccata nel 2004. Secondo gli sherpa italiani, Li Qiang avrebbe dato un assenso a questo schema.

Ufficialmente, il primo ministro cinese ha poi fatto sapere ai media che una relazione sana e stabile tra Cina e Italia «è in linea con gli interessi comuni di entrambi i Paesi ed è necessaria per un migliore sviluppo di entrambi». «Si spera - è la poisizione cinese - che l’Italia fornisca un ambiente imprenditoriale equo, giusto e non discriminatorio affinché le aziende cinesi possano investire e svilupparsi in Italia. La Cina continuerà ad espandere l'accesso al mercato per creare maggiori opportunità per i prodotti di qualità di entrare nel mercato».

Insomma, una traccia d’accordo c’è. Nel bilaterale, i due leader hanno anche concordato di rafforzare la cooperazione nell’ambito del G20 nella direzione della stabilità internazionale e in relazione agli scambi commerciali si sono promessi che ci sarà continuità «in ogni settore di comune interesse». Per l’Italia, rilevante è che non ci siano “buchi” nelle catene di approvvigionamento. Non è un caso che Li Qiang nelle dichiarazioni lasciate trapelare dalle autorità cinesi abbia detto che le buone relazioni sono importanti proprio per la «sicurezza e stabilità» delle catene di approvvigionamento.

Altro bilaterale rilevante di giornata, quello con il primo ministro dell’India e padrone di casa, Narendra Modi. Per Meloni un incontro «familiare», che segue quello di marzo, con un leader conservatore. In vista nuovi accordi su energia pulita, digitale, spazio e difesa. Per la premier italiana, è stata l’occasione per delineare le priorità del G7 del 2024 a guida italiana: Africa e intelligenza artificiale. Modi ha ringraziato Meloni per il ruolo attivo nel giungere ad una dichiarazione condivisa.

Nella prima sessione dei lavori, inoltre, la premier è intervenuta su clima e rapporti con l’Africa. Dinanzi ai leader delle 20 potenze globali, ha riaffermato la sua visione di una transizione ecologica “calmierata”. «Approcci troppo radicali o troppo asimmetrici fra gli Stati finirebbero per non garantire soluzioni efficaci, e allo stesso tempo potrebbero provocare pericolosi squilibri», ha affermato Meloni. In particolare, spiega, mentre ancora si dispiegano gli effetti della «guerra di aggressione russa all’Ucraina e dell’uso delle forniture energetiche come un’arma di ricatto da parte di Mosca». Insomma, la transizione deve «riguardare davvero tutti».

Nel suo intervento, Meloni ha acceso i fari sull’Africa e sul “piano Mattei”. Bene l’ingresso dell’Unione Africana come membro permanente del G20. Ora, incita la premier, si cambi approccio rispetto alle risorse del Continente. «L’Italia aspira a diventare un ponte tra Europa e Africa» senza il tipico «approccio paternalistico». E come segno concreto, destinerà all’Africa oltre il 70% del Fondo Italiano per il clima, 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni.

Oggi la premier interverrà alla terza sessione di lavori - dedicat a anche all’intelligenza artificiale - e avrà incontri con il presidente della Repubblica di Indonesia, Joko Widodo, e con il presidente della Repubblica di Corea, Yoon Suk-yeol.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: