Yoon Suk-yeol chiese scusa alla nazione in diretta tv - Reuters
Yoon Suk-yeol ha schivato l’impeachment. Almeno per ora. Dopo l’improvviso “capitombolo” di martedì - con la proclamazione della legge marziale, ritirata sei ore dopoe gli elicotteri dell’esercito che solcavano i cieli della capitale Seul -, il presidente sudcoreano ha incassato prima la bocciatura del disegno di legge per la creazione di una commissione di inchiesta su sua moglie, Kim Keon Hee. Poi ha assistito all’inabissamento della sua messa in stato di accusa, grazie alla manovra del “suo” People Power Party che ha abbandonato l’aula al momento del voto.Di fatto sabotandolo. Niente quorum, niente impeachment.
«Con un totale di 195 voti, il numero di deputati che ha votato non ha raggiunto la maggioranza richiesta dei due terzi del totale. Pertanto, dichiaro che il voto su questa questione non è valido», ha annunciato il presidente dell’Assemblea nazionale, Woo Won-shik. Prima del votto, lo speaker si era appellato più volte «alla responsabilità» e all’esercizio del diritto di voto «per rispetto dell’assemblea e della Repubblica di Corea. Non dico di votare sì o no, dico solo di votare». Ma non è stato ascoltato.
Il filo del destino politico del presidente – dopo che quello che molti analisti hanno definito come una sorta di «suicidio» e mentre la piazza si è gonfiata all’inverosimile, con oltre 150mila persone che si sono riunite per chiedere la fine della presidenza – potrebbe essere comunque reciso presto. L’opposizione sudcoreana promette battaglia, a colpi di nuove mozioni. Già mercoledì il testo potrebbe transitare nuovamente in Parlamento. «Faremo ripetutamente circolare la mozione di impeachment finché non sarà approvata dall’Assemblea. Yoon è diventato il peggior rischio della repubblica di Corea», ha detto, senza mezzi termini, il principale leader dell’opposizione e rappresentante del Partito Democratico Lee Jae-myung. Il terremoto politico, che ha investito Seul, è tutt’altro che finito. Han Dong-hoon – a capo del People Power Party che ha salvato ieri Yoon, e che aveva detto di considerare «impossibile» per il presidente per svolgere «i suoi normali doveri» – si è dimesso.
La piazza non si arrende e chiede le dimissioni - Reuters
E adesso? Yoon getterà la spugna? L’affossamento del quorum è una manovra di “distrazione”, un modo per prendere tempo e per consentire al presidente una più “onorevole” uscita di scena? L’ex procuratore ha cercato ieri, prima del voto, di metterci una pezza. «La dichiarazione di legge marziale di emergenza è nata dalla mia disperazione come ultima parte responsabile degli affari di stato», ha detto Yoon in un discorso alla nazione durato due minuti. L’allusione è a quella che lo stesso presidente ha definito, a più riprese, «una dittatura legislativa». E ancora: «Sono profondamente dispiaciuto e chiedo sinceramente scusa ai cittadini che devono essere rimasti molto scioccati», ha aggiunto, riconoscendo di aver «causato ansia e disagio» ai cittadini sudcoreani. Quindi ha assicurato che «non eviterà la responsabilità legale e politica relativa a questa dichiarazione di legge marziale».
Qualunque cosa accadrà ora, è il commento di Asia Times, la “spericolata” mossa di Yoon, ultimo frutto avvelenato «guerra entropica» che sta dilaniando il Paese, «è destinata a screditare i conservatori sudcoreani per un lungo periodo». La crisi nella quale è precipitata la quarta economia più grande dell’Asia e il principale alleato militare degli Stati Uniti nella regione, minaccia – ha scritto la Reuters – «di mandare in frantumi la reputazione della Corea del Sud come esempio storia di tenuta democratica». I vecchi fantasmi sono tornati a infestare la Corea del Sud.