mercoledì 5 aprile 2023
L'assenso di Francesco alla visita (poi saltata) in Ucraina nella città martire, ancora sotto assedio dei militari russi, per evacuare la popolazione. La ricostruzione del nunzio in Ucraina
Il Papa con la bandiera dell'Ucraina portata dalla città devastata di Bucha nell'udienza del 6 aprile 2022

Il Papa con la bandiera dell'Ucraina portata dalla città devastata di Bucha nell'udienza del 6 aprile 2022 - Ansa

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Tutto era stato definito. La tappa: Mariupol. Il periodo: maggio del 2022. «Il Papa aveva dato il suo assenso», racconta il nunzio apostolico in Ucraina, l'arcivescovo Visvaldas Kulbokas. Ma l’atteso viaggio nel Paese invaso è saltato all’ultimo momento. Non aggiunge altri dettagli il rappresentante diplomatico della Santa Sede sulla mancata visita di Francesco nella “città martire” che un anno fa, quando l’ipotesi dell’arrivo del Pontefice restava ben salda, era ancora in mano ucraina, prima di capitolare alla fine di maggio e passare sotto il controllo russo come lo è adesso. Parole che il nunzio pronuncia nel colloquio online con la carovana italiana della pace “StopTheWarNow” arrivata nel sud del Paese, fra Odessa e Mykolaiv, a cavallo della Domenica delle palme per ribadire il “no” alla logica delle armi e portare aiuti a chi vive sotto le bombe. Parole che vengono rilanciate anche dal sito della Conferenza episcopale ucraina dei vescovi di rito latino.

Rispondendo alle domande dei pacifisti su una possibile visita di Francesco in Ucraina, l’arcivescovo Kulbokas rivela che era in cantiere già lo scorso anno, proprio mentre nel Paese si discuteva la possibilità di evacuare civili e militari da Mariupol stretta nella morsa dell’esercito del Cremlino e sotto il fuoco dei combattimenti. «Mentre preparavamo questo piano, abbiamo chiesto al Papa se poteva essere presente a Mariupol come garante morale. E il Papa ha detto di sì», afferma il nunzio. Quindi aggiunge: «Già a maggio abbiamo avuto l'approvazione del Santo Padre. Poi qualcosa non ha funzionato». E il sito della Conferenza episcopale spiega che nell’aprile dello scorso anno Francesco aveva chiesto tre volte al presidente russo Vladimir Putin di evacuare la popolazione di Mariupol, ma per tre volte l’invito era stato respinto. Una vicinanza alla città, che oggi gli occupanti stanno radendo al suolo per ricostruirla e farne una metropoli in tutto e per tutto russa, già testimoniata dal Papa nell’incontro con le mogli dei difensori di Mariupol giunte a maggio in Vaticano. Più volte il Pontefice ha espresso il desiderio di essere in Ucraina. Ma, come ha specificato anche nelle ultime settimane, il suo attuale progetto è quello di una visita “doppia”, ossia a Mosca e Kiev, per avvicinare le parti.

Per certi versi, il viaggio saltato a Mariupol ricorda quello immaginato a Sarajevo da Giovanni Paolo II durante la guerra in Bosnia negli anni Novanta. Come Mariupol, anche la città dell’ex Jugoslavia era sotto assedio: un assedio durato 1.400 giorni, dall’aprile 1992 al febbraio 1996, il più lungo del Ventesimo secolo. Papa Wojtyla voleva partire: lo sconsigliarono. Avrebbe visitato Sarajevo solo nell’aprile 1997, con gli accordi di Dayton già sul tavolo. E nel 2015 è stata la volta di papa Francesco. Alla carovana della pace il nunzio chiede di risvegliare le coscienze. «Questo è molto importante, perché vediamo come in varie nazioni la guerra in Ucraina sia vista alla stregua di una partita di calcio», osserva con rammarico. E avverte: adesso solo un miracolo può fermare il conflitto.

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