domenica 27 giugno 2010
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Un fondo da 5 miliardi di dollari da destinare entro il 2015 alla salute di mamme e bambini nei Paesi in via di sviluppo. È quanto hanno promesso ad Huntsville, in Canada, i leader degli otto Paesi più industrializzati del mondo. Aiuti ai quali vanno aggiunti altri 2,3 miliardi di dollari promessi da Nuova Zelanda, Norvegia e dalla Bill and Melinda Gates Foundation. Il fondo servirà soprattutto per proteggere donne e bambini dal rischio mortalità in gravidanza o per il parto. Il premier canadese Stephen Harper ha fatto sapere che tutti i Paesi del G8, terminato ieri pomeriggio per lasciar posto al formato allargato ai Paesi in via di sviluppo (G20), hanno sottoscritto l’accordo chiamato “Muskoka Initiative” dal nome della regione in cui si sono riuniti gli otto Grandi. «Ci siamo impegnati affinché nel mondo un giorno non ci saranno più donne, nei Paesi in via di sviluppo, che moriranno o soffriranno per malattie legate alla gravidanza o al parto – ha detto Harper – Si tratta di un impegno storico». La proposta, però, ha suscitato immediatamente le critiche di molte organizzazioni umanitarie e dei Paesi in via di sviluppo, che hanno accusato i leader degli otto Grandi di utilizzare un simile accordo come una scusa volta a mascherare le promesse finora non mantenute nella lotta alla povertà. Le Ong umanitarie non si sono dunque lasciate impressionare dalla cifra messa a disposizione. «Il G8 sta cercando di archiviare tranquillamente la promessa di fornire 50 miliardi di dollari in aiuti previsti entro quest’anno – ha affermato Mark Fried dell’Oxfam –. I leader non possono sottrarsi alle loro responsabilità verso i poveri del mondo». Per Robert Fox, di Oxfam, la somma da destinare alla salute materna «è inferiore alle nostre previsioni più pessimistiche». Da parte sua Actionaid ha ricordato che oggi 350mila donne muoiono per cause legate alla gravidanza e al parto. Cinque milioni di bambini all’anno – ovvero, un bambino ogni sei secondi – muoiono per malattie connesse alla sottoalimentazione e alla mancanza di cibo. «Crediamo che questa iniziativa possa rilanciare gli Obiettivi del Millennio ancora lontani dall’essere raggiunti – ha commentato per Actionaid Luca De Fraia – Tuttavia siamo preoccupati della reale entità di questi impegni. Nel caso del Canada, ad esempio, sappiamo che, su un totale di 2,85 miliardi da stanziare nei prossimi cinque anni, circa due terzi sono risorse già impegnate in passato». D’altra parte proprio il Canada è l’unico Paese ad aver finora versato quanto promesso per la popolazione di Haiti sconvolta dal terremoto dello scorso gennaio. Il 2010 è un anno cruciale per capire se gli Obiettivi del millennio di lotta alla povertà stabiliti dalle Nazioni Unite saranno raggiunti o no. È per questo che il G20 prevede di creare un gruppo di lavoro ad hoc sullo sviluppo con il mandato di elaborare piani di azione specifici da adottare nel summit di Seul del prossimo novembre. Secondo la bozza di testo finale del vertice G20 diffusa da Greenpeace International, lo High Level Plenary Meeting sugli Obiettivi del millennio organizzato dall’Onu a New York a settembre prossimo per misurare il raggiungimento dei target di sviluppo globali concordati nel 2001, «sarà cruciale per concordare un’agenda di sviluppo globale e sforzarsi di raggiungere gli Obiettivi entro il 2015». Per il G20, «colmare il gap di sviluppo tra i Paesi e ridurre la povertà sono obiettivi integranti nel nostro più ampio piano di raggiungere una crescita forte, sostenibile e bilanciata e di assicurare un’economia globale più resistente e robusta per tutti». Intanto, nella dichiarazione rilasciata dal vertice del G8 di ieri, c’è anche un importante riferimento al cambiamento climatico, che rimane «la più importante questione ambientale». Gli otto Grande concordano che «l’aumento delle temperature globali deve restare al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali». Per raggiungere quest’obiettivo, conclude la dichiarazione, «si rendono necessari tagli profondi delle emissioni globali», con l’obiettivo di «ridurre di almeno il 50% le emissioni globali entro il 2050».
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