venerdì 24 novembre 2023
La notte è stata scossa da una serie continua di esplosione. E dopo sette mesi di guerra è calato il silenzio
I carri armati hanno rimandato indietro le centinaia di persone che hanno tentato di tornare ne nord della Sstriscia

I carri armati hanno rimandato indietro le centinaia di persone che hanno tentato di tornare ne nord della Sstriscia - Ansa

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La notte di Gaza non finisce neanche alle prime luci del giorno. L’esercito israeliano ha l’ordine di martellare senza sosta per colpire le postazioni di Hamas e radere al suolo qualsiasi edificio che i miliziani possano tentare di usare per farsi scudo, per quando la tregua sarà finita e la guerra sarà ricominciata. Come in ogni conflitto le ore che precedono la tregua sono forsennate. Su Gaza il buio non odora di speranza, ma puzza di combustibile che brucia. I missili e l’artiglieria di Israele demoliscono gli edifici ancora in piedi e sfondano la crosta di terra e macerie squarciando i sotterranei abbandonati dai fondamentalisti. Saranno inservibili quando i comandanti daranno l’ordine di tornare a premere il grilletto.

A nordest di Gaza, la moderna cittadina di Sderot è un borgo fantasma. I miliziani che il 7 ottobre hanno fatto una strage di civili, uccidendone 1.200 e trascinandosi durante la ritirata 240 ostaggi, sono arrivati fino al commissariato di polizia. Un mese dopo è ancora annerito e sfasciato dai colpi di calibro pesante. La gente del posto se ne è andata e non torneranno fino a quando il nord di Gaza non sarà sotto il completo controllo di Israele. Le fermate dell’autobus hanno ancora i display accesi, e tutti i palazzi sono illuminati a giorno, anche se all’interno non ci abita più nessuno. A neanche 300 metri di distanza in linea d’aria, separato dalla muraglia di cemento armato, c’è un deserto senza luce. Gaza è completamente al buio, solo le mappe dicono che da quella parte un tempo c’erano quartieri, case, strade, le interminabili code al check-point israeliano attraversato quotidianamente dai pendolari autorizzati. Le esplosioni sparano una luce intermittente su quel che resta della presenza umana. Il bagliore delle deflagrazioni permette di osservare la bruma scura che serpeggia tra i detriti ed esala il miasma tossico di ogni ordigno.

I fotoreporter con i teleobiettivi riescono ad avvistare i dettagli che spiegano il conflitto: case accasciate, strade travolte dai bulldozer, tralicci dell’elettricità accartocciati. Non fosse per le bombe illuminanti si direbbe che il mare e le rovine appaiono come una pianura indistinta. Gaza Nord è ormai un cimitero a luci spente. Il bagliore degli incendi che scoppiano dopo le deflagrazioni perdura a lungo. Da lontano gli scheletri dei palazzi in fiamme appaiono come le piattaforme petrolifere che di notte fanno compagnia ai naviganti.

La devastazione a Gaza City

La devastazione a Gaza City - Ansa

Bisogna tornare con la memoria ad Aleppo o a Grozny per ritrovare negli archivi delle cronache qualcosa di simile. Le colonne di fumo coprono per chilometri l’intera linea dell'orizzonte. Anche nella notte prima del momentaneo addio alle armi le esplosioni saranno incessanti. Hamas non dispone di artiglieria mentre i cannoni di Israele ininterrottamente sbaragliano le postazioni nemiche nella Striscia, da cui proviene la debole ma incessante risposta dei miliziani. Poco prima dell’alba, quando il mare riflette la prima luce, riappare la tetra visione del campo di battaglia. È l’istante in cui la guerra rallenta la marcia. Il fuoco da entrambe segna il passo. È il segnale: sono le 5 ed entro un’ora i caricatori dovranno fermarsi, i carri armati attestarsi e tenere il colpo in canna, gli incursori asserragliarsi per tenere le posizioni. Ancora un’ora e dopo sette settimane il piombo dovrà fare posto alle parole e alla speranza negli occhi degli ostaggi e nell’abbraccio dei loro cari. Ma nessuno si fida di nessuno. «In Medio Oriente non ci sono date sacre e ancor meno ore sante», commenta il quotidiano israeliano Haaretz.

La riprova arriva appena le armi hanno davvero taciuto. Ai civili palestinesi fuggiti nel Sud della Striscia è stato fatto sapere che sarebbero potuti tornare indietro, a prendere le proprie cose o solo a vedere se le case lasciate di fretta sono ancora in piedi. Non era vero.

Ma molti si sono incamminati andando incontro al fuoco dei soldati israeliani. Secondo fonti di Hamas, due palestinesi sono rimasti uccisi e 11 feriti. L’esercito di Gerusalemme teme che tra i civili tornati per rovistare tra le macerie possano nascondersi dei miliziani. «Ma non sarà questo a interrompere la tregua – ci dice un militare appostato sulla collina con il suo binocolo digitale –. Hamas ha bisogno della tregua più di noi. Devono riorganizzarsi e non la faranno saltare fino a quando non si sentiranno pronti per tornare a colpirci».

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