giovedì 26 settembre 2013
Non si fermano le battaglie tra gli anti-Assad: 11 gruppi contro la Coalizione degli insorti. Anche i leader jihadisti sanciscono la frattura: «Le formazioni che si sono costituite all’estero non ci rappresentano». La richiesta alle «forze militari e civili» è di unirsi sotto una «chiara cornice islamica sulla base della sharia».
L'ALLARME Il jihad sta convertendo sempre più europei
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Oramai lo chiamano il “terzo fronte”, quello scoppiato all’interno della rivolta e che vede combattersi – nel “mattatoio” siriano – i fondamentalisti con i laici: un nuovo segnale della mutazione di buona parte della rivolta anti-Assad, scoppiata nel marzo 2011 a Daraa pacifista, nazionalista e laica, e ora infiltrata da una galassia anarchica di gruppuscoli uniti solamente da una feroce ideologia islamista.Una faida, anche se oscurata dalla accuse incrociate sull’attacco chimico dello scorso 21 agosto ad al-Goutha e dalla tardiva ricerca di una «soluzione politica» internazionale. La premessa – se vogliamo il secondo dei tre fronti siriani – è stata la conquista da parte dei gruppi qaedisti della città di Azaz, non lontano dal confine turco, contesa ai miliziani curdi. L’autobomba che a fine luglio uccise il leader curdo Issa Hisso mostrò quanto pericoloso anche per le eterne mire indipendentiste dei curdi fosse il jihad. Una preoccupazione espressa pure da Masoud Barzani, il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno.Frattanto la guerra “dei ribelli contro i ribelli” pare essersi pure sbarazzata del “pretesto” etnico e si è trasformata in una lotta aperta fra chi lavora per un futuro Emirato siriano e chi ha una visione moderata se non laica del futuro Stato. Un jihad regionale che, secondo la propaganda fondamentalista, vede addirittura nel controllo della Siria il punto di partenza per la “riconquista” della moschea di al-Aqsa di Gerusalemme. Se ogni “micro teatro” di questa guerra civile deve avere la sua città simbolo, quella dello scontro fra jihadisli e Libero esercito siriano (Els) è la battaglia di Abu Kamal, nella Siria orientale. Una guerriglia fra milizie irregolari interrottasi solo all’inizio di settembre con tregua tra Els e al-Nusra, il gruppo affiliato ad al-Qaeda che ne ha subito approfittato per consolidare il consenso: bombole di gas per cucinare, benzina e generi alimentari distribuiti in province tribali già terreno fertile per il jihad. Il manifesto politico di questa offensiva pacifica di al-Nusra era di «combattere tutti i gruppi che cercano di stabilire uno stato secolare». Il precedente da evitare, per al-Qaeda e soci, è la brutalità terroristica dell’Iraq, che alienando il favore popolare ha dato spazio alle brigate di al-Sahwat (Il risveglio), le milizie sunnite anti al-Qaeda. La consapevolezza, ribadita a inizio di settembre da John Kerry, che contro Assad stiano giocando la loro partita anche molti «cattivi», in poche settimane si è motevolmente aggravata. Se il segretario di Stato Usa stimava fossero il 25% dei rivoltosi, uno studio di Jane’s ha squadernato uno spaccato della rivolta ancora più frammentato ed estremista. Circa 100mila combattenti, per mille formazioni sempre più divise fra loro. Due gruppi, Jabhat al-Nusra e lo Stato islamico in Iraq e in Siria (Isis) riconducibili ad al-Qaeda sparsi in 11 governatorati. Un’altra anima è il Fronte islamico siriano (18mila uomini) che raccoglie 11 sigle salafite che hanno apertamente rifiutato ogni concezione democratica occidentale. Frange chiaramente estremiste a cui si può aggiungere l’alleanza di oltre 20 gruppi raccolti nel Fronte islamico di liberazione: 39mila uomini che, sia pure più moderati, hanno una chiara matrice.L’elemento islamista, più o meno estremista, è dunque stimato pari al 60% circa. Il resto, sono i 31mila uomini dell’Esercito libero siriano, guidato dal generale Salim Idris ed espressione della Coalizione nazionale siriana: la componente più pluralista ed organizzata. Una incompatibilità politica che si è manifestata apertamente la scorsa settimana: dopo aver raggiunto una nuova tregua ad Azaz, la Coalizione nazionale siriana ha dichiarato «contrari alla rivoluzione» i metodi dei qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. La risposta, ieri dei jihadisti non è stata meno dirompente: undici gruppi dell’opposizione armata hanno annunciato che non intendono riconoscere la Coalizione nazionale siriana. Le formazioni dei ribelli jihadisti affermano che «tutti i gruppi che si sono costituiti all’estero senza un ritorno nel Paese non ci rappresentano». La richiesta per l’opposizione, per «tutte le forze militari e civili», è di unirsi sotto una «chiara cornice islamica sulla base della sharia». Fra i firmatari, oltre che al-Nusra anche alcune componenti del Libero esercito siriano.
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