giovedì 21 settembre 2017
La 12enne è rimasta intrappolata nel crollo della scuola Enrique Rebsamen a Città del Messico. Qui sono morti almeno 21 dei suoi compagni. Ma altri, come lei, sarebbero ancora vivi
Soccorsi vicini a 12enne sotto macerie
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Le squadre di soccorso lavorano senza sosta in Messico per trarre in salvo una bambina di 12 anni rimasta intrappolata sotto le macerie del Colegio Enrique Rebsamen di Città del Messico, dopo il violento terremoto che ha scosso il Paese mercoledì sera. Secondo quanto riporta la Cnn, che cita la Foro TV, i soccorritori sono ormai a pochi centimetri dalla bambina, ma la Marina militare messicana ha messo in guardia contro notizie troppo ottimistiche sui progressi dei soccorsi. Le ricerche tra le macerie della scuola elementare si sono intensificate ieri pomeriggio, quando i soccorritori hanno stabilito il contatto con la 12enne e gli esperti hanno indicato che - secondo le temperature rilevate - sotto la struttura crollata potrebbero esserci altri due sopravvissuti. Ieri é stata tratta in salvo una bambina di 7 anni che era stata localizzata ancora viva sotto le macerie della stessa scuola elementare.

«Là sotto ci sono bambini dai 4 agli 11 anni, fate qualcosa, vi prego». L’appello, affannoso, è di un padre che cerca di capire come avere notizie del figlio. La scena è drammatica. Il collegio «Enrique Rebsamen» di Città del Messico è venuto giù in maniera impressionante. Siamo ai margini della strada dalle due del pomeriggio, a 17 ore dal sisma. Sono riusciti a salvarsi 315 bambini, ma la confusione rimane grande. Dentro potrebbero essercene anche un altro centinaio. La gente si riversa per strada, per aiutare. Si forma una fila per provare a salvare chi è giù, sotto le macerie, per pulire, togliere pietre, calcinacci, tutto quello che può.

C’è ancora luce ma la sera è vicina e il tempo passa troppo velocemente. Si cerca un elenco per fare l’appello, sapere chi manca, chi era assente, chi da salvare. La scena è quella di un disastro. Umano e spirituale. Fogli di carta, libri stracciati, matite colorate, il cestino della colazione. Siamo a sud della città, in mezzo al dolore. Marina ed esercito hanno trovato 32 bambini e 5 adulti senza vita, c’è chi afferma che siano di più. Sono tanti i genitori disperati per la sorte dei figli. L’immagine è di tragedia, una vita rimasta sul filo della speranza per il bene più prezioso. Ininterrottamente la fila del personale medico è in contatto con l’ospedale Los Angeles, mentre accoglie i piccoli feriti. Arriva un pastore tedesco, addestrato alla ricerca di persone. Le speranze crescono. Si prega per un miracolo. «Dopo il disordine è arrivato chi ci ha messo in fila per rimuovere le pietre dalla strada».

Pedro Aguirre, ancora con la borsa da lavoro sulle spalle, spiega la concitazione dei primi momenti dopo la scossa. Il figlio potrebbe essere ancora vivo, ma non sa nulla. Prega. Una mamma, giovanissima, stringe per le mani un rosario. Con l’altra tiene quella del marito. Sono muti, ma gli occhi parlano per loro. Sul lato della strada i genitori scorrono l’elenco dei dispersi, con ansia cercano un nome: «Ha 9 anni, deve farcela», sussurra la ragazza. Due genitori dividono il cordone di sicurezza e corrono verso l’ambulanza: vogliono vedere chi c’è dentro. Dentro c’è una bimba, e non il loro Manuel. Si sentono dei pianti, stanno uscendo due bambini… e sono vivi. Una bimba è riuscita a salvarsi chiamando al cellulare. Sembra un film ma è un incubo. Ad un certo punto il suono delle sirene.

Arriva il presidente Peña Nieto. Con il governatore dello Stato del Messico e due ministri vuole vedere di persona anche lui la tragedia che si sta vivendo. Fa una dichiarazione sull’impegno e la solidarietà dei messicani («siamo di fronte a una prova dolorosa per tutto il Paese »), accennata tra i militari dell’esercito in mimetica. Solidarietà e impegno. I maestri fanno cantare i bimbi per vincere la tensione: vocine di bimbi in uno scenario di distruzione. Sembra tutto irreale. Arrivano dei volontari con acqua e medicinali. Soccorrono i familiari dei bimbi, da un lato ci sono quelli dei maestri, con gli occhi fissi sulle macerie. Viene chiesto di fare silenzio. «Crediamo ci siano ancora 3 o 4 persone nel palazzo, due sono bimbi.

C’è una bambina che ha risposto ai richiami dei soccorritori grattando contro una parete». Poco dopo un’alunna di 7 anni viene tratta in salvo: la speranza non può abbandonare un popolo ferito nel suo affetto più grande.

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