giovedì 6 agosto 2020
A 75 anni dalla catastrofe, il comune recluta i «denshosha» per tramandare le storie dei superstiti. «Non abbiamo eliminato la minaccia nucleare, almeno manteniamo il ricordo»
Il memoriale di Hiroshima

Il memoriale di Hiroshima - Ansa

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«È stata la speranza di assistere, proprio grazie alla loro tragica esperienza, alla messa al bando definitiva degli ordigni nucleari, che li teneva in vita. Ora se ne stanno andando tutti, uno dopo l’altro, tristi e rassegnati. Il mondo ha ripreso la vecchia strada. Quella che porterà alla distruzione dell’umanità». Mariko ha 22 anni, è una delle prime denshosha autorizzate, una sorta di “guide della bomba”.

Visto il numero sempre minore dei sopravvissuti, il comune di Hiroshima (ma anche Nagasaki ha preso la stessa iniziativa) ha organizzato i rinforzi per il futuro: un gruppo di giovani disposti a raccogliere le loro testimonianze e tramandarle. «Non siamo riusciti a rimuovere la minaccia nucleare dal pianeta – spiega un dirigente del comune – almeno cercheremo di mantenerne il ricordo. Perché c’era il rischio di perdere anche questo». Secondo un recente sondaggio nazionale: meno del 30 per cento degli intervistati ricorda il giorno delle bombe, il 6 ed il 9 agosto.

Chisako è per ora l’unica ad aver ottenuto di raccontare la storia di sua madre. Tutti gli altri denshosha si sono visti attribuire la loro “storia” a sorte. In una Hiroshima bruciata dal caldo e resa ancor più deserta dal Covid – per colpa del quale stamane la tradizionale cerimonia di commemorazione sarà praticamente a porte chiuse – ha appena finito la sua “lezione” davanti al Museo della bomba. In Giappone li chiamano hibakusha, oramai sono solo 130mila persone, tutte ultraottantenni, più della metà molto malate. Chisako, 83 anni, che continua ad accompagnare la figlia, non aveva più voglia di raccontare la sua vicenda. L’ultima volta l’aveva fatto in occasione della “storica” – ancorché restata senza scuse formali – visita di Barak Obama, nel maggio 2016. Era tra le dieci persone scelte per raccontare la loro testimonianza. «Una grande delusione. A quel signore hanno dato un Nobel per aver promesso quello che non ha fatto. Anzi, ha dato il via alla nuova corsa al riarmo nucleare».

Il memoriale di Hiroshima

Il memoriale di Hiroshima - Ansa

Ieri, a Hiroshima erano riuniti tutti i leader dell’opposizione. Un raro momento di unità per parlare del “tradimento” del Giappone e dei rischi che la nuova corsa al riarmo comporta proprio per i giapponesi, che questa corsa non solo hanno deciso di non ostacolarla, ma alla quale rischiano di partecipare. Parliamo del famoso trattato contro la proliferazione nucleare, firmato oramai da oltre 124 Paesi, tranne i membri del “club”: Usa, Russia, Cina, Francia, Inghilterra, ma anche India, Pakistan, Israele, Corea del Nord e Iran.

Quello che stupisce – e che indigna gli hibakusha – è che non l’abbia firmato neanche il Giappone, evidentemente su pressioni Usa. L’alleato che dopo aver letteralmente dettato una delle Costituzioni “pacifiste” più avanzate (l’articolo 9 vieta al Paese qualsiasi potenziale bellico, ivi compresi esercito, marina e aviazione militare) ne ha imposto la violazione sin dal 1960, quando un accordo rimasto segreto sino a qualche anno fa consentì agli Stati Uniti di far transitare ed introdurre nel Paese le armi nucleari mentre all’allora premir giapponese, Eisaku Sato, veniva concesso il Nobel per la Pace. Una decisione presa all’epoca all’insaputa dei cittadini, e che l’attuale premier Shinzo Abe ha tentato di legittimare con la riforma costituzionale.

Un murale per ricordare il 75esimo anniversario della bomba, a Berlino

Un murale per ricordare il 75esimo anniversario della bomba, a Berlino - Ansa

Ma senza riuscirci: il solo avervi voluto insistere gli ha rosicchiato pian piano l’indice di popolarità, sceso oramai – anche per altre ragioni, compresa la gestione della pandemia – al 26 per cento. «I giapponesi non hanno nessuna intenzione di rischiare una nuova guerra – sostiene Toshiki Fujimori, segretario generale di Hidankyo, una sorta di federazione nazionale di vecchi e nuovi hibakusha (dopo una lunga discussione interna, la federazione ha accettato di accogliere anche gli evacuati di Fukushima) – sono diventati un popolo geneticamente pacifico. Ma bisogna vigilare perché qualche leader senza scrupoli si trova sempre».

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