
I tre ostaggi Ben Ami, Sharabi e Levy messi in mostra sul palco a Deir el-Balah, nella Striscia di Gaza - Reuters
Liberazione show. L’atto quinto va in scena a Deir el-Balah – nel centro della Striscia di Gaza – con palco e coreografia di regime, quello di Hamas. Ohad Ben Ami, 56 anni, è il primo ostaggio che Hamas fa uscire dalle auto. Dietro di lui a far passerella sul palco, davanti alle telecamere e a una folla questa volta composta, sono Eli Sharabi, 52 anni, e Or Levy, 34 anni. Ben Ami e Sharabi erano stati presi in ostaggio nel kibbutz di Beeri il 7 ottobre, Levy venne rapito al festival Nova: da allora hanno vissuto segregati in un tunnel. Ben Ami e Sharabi sono in abiti marroni: una divisa da carcerati con i loro nomi stampati sul petto. Levy indossa una divisa verde oliva che ricorda quella dell’esercito, benché siano tutti civili.
Magrissimi, deboli e pallidi firmano l’ordine di liberazione e rispondono straniti – ultimo atto del supplizio – alle domande dei carcerieri: «Chiedo al governo israeliano di procedere con il secondo e il terzo accordo in modo che tutti i prigionieri possano tornare a casa. Chiedo alle famiglie di essere forti» dichiara Ben Ami. Sharabi è «molto arrabbiato» con il suo governo, spera che gli «amici che sono rimasti qui tornino presto». Il copione della triste parata non colpisce quanto le immagini dei tre uomini. Irriconoscibili.
L’esultanza dei familiari, davanti alla diretta tv, si trasforma in pochi istanti in sgomento e pianto. «Sembra uno scheletro. È terribile da guardare» dichiara a Channel 13 la suocera di Ben Ami mentre i tre uomini sono consegnati alla Croce rossa per essere trasportati in Israele.
Un ritorno, una liberazione carichi di dolore: Eli Sharabi, subito dopo l’abbraccio con la madre e la sorella, apprende che la moglie Lianne e le loro figlie, Noiya, 16 anni, e Yahel, 13 anni, sono state assassinate il 7 ottobre nella loro casa. Yossi, il fratello, rapito con lui, è morto in un bombardamento a Gaza. Or Levy fino a ieri non sapeva che la moglie Einav, con lui al festival Nova al momento del raid, era poi stata assassinata in un rifugio.
Le immagini di Ben Ami, Sharabi e Oz «riecheggiano le fotografie dei sopravvissuti all'Olocausto» afferma l’October Council. I familiari degli ostaggi accusano nuovamente il governo e tornano a chiedere una commissione d’inchiesta sul «peggior fallimento» di Israele.
Le immagini irritano Benjamin Netanyahu che, ancora negli Usa, minaccia: «Le immagini scioccanti che abbiamo visto oggi non resteranno senza riposta». La passerella di Deir el-Balah è, per il governo Netanyahu, una provocazione che potrebbe troncare sul nascere le trattative a Doha per la seconda fase del cessate il fuoco. Il capo negoziatore israeliano, generale Gal Hirsh, annuncia di aver informato i mediatori egiziani e qatarioti delle «violazioni» di Hamas. Un chiaro avvertimento, anche se poi una delegazione israeliana andrà a Doha in attesa della imminente riunione del gabinetto di sicurezza. Mentre si assiste alla liberazione dei prigionieri palestinesi, la trattativa è già iniziata. La tregua sinora ha tenuto ma la situazione ora è ben più complessa di quando il 19 gennaio, vigilia dell’insediamento di Trump, il cessate il fuoco è iniziato. Per Hamas è la «mancanza di impegno» di Israele a metterlo in pericolo. Tuttavia, afferma Basem Naim dell’ufficio politico, Hamas «è sempre pronto» a partecipare ai negoziati. Tornare alla guerra «non è certamente un nostro desiderio né una nostra decisione», ha dichiarato Naim, che ha però esortato i Paesi arabi a non riconoscere Israele, mentre «l’Arabia Saudita è corteggiata dagli Stati Uniti per unirsi a un piccolo gruppo di Paesi vicini a normalizzare i legami».
La liberazione dei detenuti palestinesi è un altro “copione” che serve a replicare alla accuse e avanzare nuove rivendicazioni da portare al tavolo di Doha. Accolti dalle forze di sicurezza e dalla folla in festa i detenuti usciti da Kereiot e Ofer sono arrivati a Ramallah. Sette dei 183 liberati sono ricoverati in ospedale. Una «uccisione lenta» dei detenuti da parte di Israele, accusa Hamas che sostiene di aver invece compiuto «grandi sforzi» per preservare le vite degli ostaggi nonostante i «tentativi del criminale di guerra Netanyahu di prenderli di mira e liquidarli».
Sulla liberazione dei tre ostaggi si è espresso anche il segretario di Stato americano, Marco Rubio, che ha lanciato un monito ad Hamas: «Dopo 490 strazianti giorni di prigionia, Eli, Or e Ohad sono finalmente a casa in Israele - scrive in un post su X -. Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è stato chiaro: Hamas deve rilasciare tutti gli ostaggi ora!».