venerdì 22 ottobre 2010
Allarme per l'acqua infetta: il colera si sta propagando. Secondo le autorità, che per ora parlano di dissenteria, i centri coinvolti sono quelli lungo il fiume Artibonite. Centinaia i ricoverati in ospedale, mentre l'associazione dei medici parla di 1.500 contagiati.
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A nove mesi dal devastante terremoto che ha causato la morte di oltre 200mila persone una nuova emergenza sta investendo Haiti. Sono già 135 le persone morte nei giorni scorsi in diverse città in seguito ad un’epidemia, accompagnata da crisi di vomito, che ha colpito il nord del Paese. Stando ad alcune fonti si tratterebbe di colera, anche se le autorità sanitarie nazionali hanno parlato di dissenteria, causata dalla cattiva qualità dell’acqua potabile.«Abbiamo registrato 51-52 morti lungo il corso del fiume Artibonite che attraversa il centro e il nord del paese. Si tratta di un’epidemia dovuta all’acqua utilizzata nelle case di quelle regioni», ha detto il dottor Ariel Henry, direttore del ministero della Sanità di Haiti. Inoltre, secondo alcuni corrispondenti locali ci sono centinaia di persone ricoverate nell’ospedale della città di St. Marc, a circa 100 chilometri dalla capitale Port-au-Prince. In serata il presidente dell’associazione dei medici dell’isola caraibica, Claude Surena, ha rivelato che i casi accertati di contagio sono almeno 1.500.Ieri mattina alcune fonti avevano parlato di 19 morti, in gran parte bambini, per un’epidemia di colera. E in serata fonti del ministero della Salute che hanno chiesto l’anonimato hanno sostenuto che il governo parla, per le 135 vittime, di casi di dissenteria per non scatenare il panico. «I primi risultati dei test di laboratorio mostrano che si tratta di colera. Non sappiamo ancora di quale tipo – ha detto la fonte – Il governo e le autorità sanitarie si stanno riunendo e faranno saper cosa intendono fare».È l’ennesima calamità sull’isola caraibica, la cui capitale negli ultimi giorni è stata devastata da alluvioni che hanno causato la morte di almeno 10 persone. Preoccupano ancora molto, inoltre, le condizioni dei sopravvissuti al terremoto. «Haiti sta ancora attraversando una profonda crisi umanitaria che tocca i diritti umani di chi è stato sfollato a causa dalla tragedia», ha sottolineato Walter Kaelin, rappresentante del segretario generale dell’Onu sui diritti umani degli sfollati. «Stando alle stime, un milione e trecento mila persone, tra chi ha perso la casa durante il terremoto e chi è sfuggito all’estrema povertà accentuata dal terremoto del 12 gennaio, vivono tuttora in campi provvisori a Port-au-Prince e dintorni».Secondo l’esperto delle Nazioni Unite, «gli abitanti dei campi profughi hanno esigenze che vengono gestite internamente dal campo, come ad esempio il bisogno di avere un riparo, ma anche altri bisogni urgenti come l’accesso all’assistenza sanitaria, all’acqua, ai servizi igienici e all’istruzione, che coinvolgono anche l’intera comunità, garantendo così il trattamento uniforme tra chi vive nelle tende e chi no».Kaelin ha fatto notare l’urgenza di lanciare il processo di ricostruzione. «Questa è una crisi umanitaria che richiede una soluzione di sviluppo. Come sua responsabilità primaria, il governo di Haiti deve applicare e diffondere un piano su come offrire soluzioni durature per chi abita nei campi, e coordinarne l’attuazione con gli sfollati». Kaelin ha inoltre incoraggiato i Paesi donatori a continuare a finanziare l’assistenza sanitaria e le attività di difesa fino a quando non si faranno progressi verso soluzioni durature e sostanziali.L’esperto Onu ha sottolinea l’importanza di un approccio che si basi sui cosiddetti principi orientativi in materia di sfollamento interno. «Il diritto di ritornare a casa, e di reclamare l’occupazione legittima sono diritti fondamentali degli sfollati». Kaelin ha poi espresso la preoccupazione che la violenza verso donne e bambini. «Lo stupro è una piaga molto grave – ha avvertito – sia all’interno che fuori dai campi».
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