mercoledì 3 febbraio 2010
«Per Haiti si può e si deve fare di più e si deve fare in modo di coinvolgere la gente perché sia protagonista della ricostruzione... ma è anche importante che si eviti l'eccessiva militarizzazione degli aiuti». Lo ha detto oggi a Roma mons. Pierre Dumas, responsabile della Caritas di Haiti.
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Una lunga lista di cifre, la conta dei morti, dei dispersi, i danni materiali, la distruzione di un Paese già martoriato dalle difficoltà, "un Paese già debole colpito nel suo centro vitale". È la "fotografia" drammatica scattata da monsignor Pierre Dumas, vescovo e responsabile della Caritas di Haiti, che oggi è intervenuto in una conferenza stampa a Roma, nella sede trasteverina della comunità di Sant'Egidio. Accorato l'appello di Monsignor Dumas per "un Paese è bloccato, la popolazione è traumatizzata, per Haiti che non esiste più", "bisogna e si può fare ancora di più".Gli Stati Uniti, in primo luogo, possono fare ancora molto, a cominciare dall'evitare "una eccessiva militarizzazione degli aiuti". Dunque per Dumas sarebbe necessario "umanizzare gli aiuti diretti alla popolazione haitiana", a partire da quelli provenienti dagli Stati Uniti. Proprio il governo americano, ha aggiunto il vescovo, "può fare di più sfruttando la sua posizione geografica" e avendo una potenza economica tale che prima del sisma "il budget di Haiti era pari a quello di una università statunitense".Dumas si è poi  rivolto  al presidente Obama, sottolineando che "il Premio Nobel per la pace con il suo peso può rendere più effettivo il sostegno ad Haiti ritrovando il lato umano degli aiuti" diretti all'isola. E poi la praticità del Presidente della Caritas: "ogni Paese - ha spiegato - può dare il proprio aiuto, chi è esperto nell'educazione, chi nella costruzione delle reti elettriche e così via, ed ogni Paese può trovare il proprio posto". Fondamentale tuttavia che "i desiderata" della comunità locale vengano considerati. "Il ruolo della comunità internazionale - ha spiegato -  è importantissimo ma il popolo di Haiti deve essere protagonista della ricostruzione e della propria storia".Grande rilievo Monsignor Dumas ha poi dato al ruolo delle Chiese e, in particolare, della Chiesa cattolica impegnata dal momento della tragedia ad offrire sostegno alla popolazione, "popolazione - ha detto con forza Dumas - che è pacifica, non violenta come indicato da molti. Nonostante la tragedia - ha detto - i comportamenti civili hanno impedito che si venisse a creare un inferno nell'inferno".Per Dumas la dimostrazione che gli haitiani hanno mostrato di essere un popolo pacifico sta in un fatto particolare. "Il terremoto - ha spiegato - ha distrutto le carceri e, nonostante ciò, con i detenuti per forza di cose liberi, il tasso dei reati è rimasto invariato". Infine una riflessione di Dumas. "Compatire nel senso di 'patire con' - ha detto - non è un sentimento naturale, ma va ritrovato".
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