sabato 16 marzo 2024
Per decarbonizzare, l'Occidente ha necessità delle risorse situate nel Sud del mondo. Il saggio "Il grande gioco delle risorse" denuncia il rischio di ripetere le dinamiche estrattiviste del passato
Una miniera di litio a Bikita vicino ad Harare in Zimbabwe

Una miniera di litio a Bikita vicino ad Harare in Zimbabwe - Ansa

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Ogni secolo ha il suo oro. E relativa “corsa” per accaparrarselo. L’oro del Ventunesimo secolo minacciato dal riscaldamento globale sempre più accelerato sono le materie prime critiche e le terre rare. Litio, nichel, cobalto, solo per fare alcuni esempi. Risorse cruciali per la transizione energetica e, dunque, quella ecologica. Le loro riserve sono concentrate in un numero limitato di Paesi. Situati - proprio come nel passato - soprattutto nel Sud del mondo. Proprio per questo, l’ansia dell’Occidente di accaparrarseli pur nel lodevole sforzo di decarbonizzare rischia di riprodurre le dinamiche disfunzionali del passato. Una relazione asimmetrica - estrattivismo è il termine specifico - in cui ad Africa, America Latina e Asia è attribuito il ruolo di “dispensa” di risorse per il Nord geopolitico. “Il paradosso della transizione ecologica”, lo definisce il libro inchiesta “Il grande gioco delle risorse”, a cura di Aurora Guainazzi, nella collana realizzata da Lo Spiegone per Edifir. «In forte contrasto con i suoi stessi obiettivi di sostenibilità, la transizione ecologica ha dei costi ambientali e sociali altissimi nel Sud globale, i quali stanno ulteriormente acuendo le differenze con il Nord del mondo - su legge -. Le stesse comunità afflitte dagli effetti peggiori del cambiamento climatico, innescato e alimentato dall’Occidente con secoli di crescita economica sfrenata, subiscono anche gli “effetti collaterali” della sua soluzione, la transizione ecologica». I Paesi dove sono localizzate le risorse non solo non beneficia direttamente della transizione ecologica e digitale ma nemmeno riesce a trarre profitto economico dallo sfruttamento dei propri giacimenti.

«Come se non bastasse, la rapida impennata della domanda di risorse non fa che esacerbare criticità pre-esistenti, con ripercussioni pesantissime sia sul fronte dell’ambiente naturale sia su quello dei diritti umani». Come si esce, dunque, dalla trappola del nuovo “estrattivismo verde”? La risposta non è semplice. Ma di certo l’esperienza delle precedenti “corse all’oro” dovrebbe spingere ad evitare gli errori del passato. La cosiddetta “maledizione delle risorse” che grava su alcune ragioni del pianeta non è un fatto ineluttabile bensì una scelta politica. O, meglio, geopolitica. Altre opzioni sono, dunque, possibili e auspicabili. Come «concentrare le attività minerarie in zone a basso rischio, mentre si decarbonizzano i processi di estrazione e lavorazione, si sviluppano metodi per controllare e ridurre l’inquinamento e si rafforza la tutela di biodiversità, comunità indigene e lavoratori. Il potenziamento del riciclo dei minerali critici potrebbe, poi, contribuire in modo sostanziale ad alleggerire il carico ambientale e sociale». La transizione ecologica è urgente e necessaria. Per essere autentica, però, deve essere costruita insieme da Nord e Sud.

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