Benjamin, “Bibi”, Netanyahu - Ansa
E sei. Dopo un “esilio politico” di 18 mesi, Benjamin – “Bibi” – Netanyahu è tornato in sella. È premier per la sesta volta consecutiva, dopo esserlo stato per 12 anni di fila, quindici in tutto se si considera anche il mandato 1996-1999. Estromesso nel giugno del 2021 dal “governo del cambiamento”, è stato lui, alla fine, a cambiare il governo.
Dopo le lezioni del primo novembre, è riuscito a mettere assieme il 37esimo esecutivo della storia di Israele. Il più a destra di sempre, il più estremista. «La nostra intenzione – ha dichiarato il leader del Likud – è ristabilire governance, quiete e sicurezza per tutti i cittadini israeliani». Tuttavia, il suo governo lascia scontenti in molti, primi tra tutti gli stessi membri del Likud, che hanno ottenuto un numero molto limitato di ministeri, a vantaggio dei nuovi alleati del partito Sionista religioso.
Il leader, Itamar Ben-Gvir – condannato in passato per incitamento al razzismo e sostegno di un’organizzazione estremista poi dichiarata fuorilegge per le sue posizioni contro i palestinesi – sarà a capo della Sicurezza nazionale, avendo oltretutto ottenuto il controllo sul capo della polizia. A Bezalel Smotrich, numero due della lista, è stato affidato il Tesoro - a rotazione con Aryeh Deri – e un ministero all’interno della Difesa: mandato che potrebbe avere un’influenza significativa sull'amministrazione della Cisgiordania e sulla vita dei palestinesi, essendo il parlamentare un fermo sostenitore dell'espansione degli insediamenti nei Territori. Altri deputati dal ruolo controverso hanno ricevuto importanti incarichi ministeriali.
Tra questi, il capo del partito religioso Shas, Aryeh Deri, scelto nonostante una condanna per reati fiscali: ieri, ancor prima della cerimonia di giuramento, sono state approvate dal Parlamento modifiche legislative sostanziali, tra cui una legge ad personam, in modo da potergli affidare l’Interno, in alternanza con Smotrich. Per cercare di accontentare i più importanti dirigenti del proprio partito, il premier ha poi affidato la Politica estera a Ely Cohen, in rotazione con Israel Katz, e la Difesa a Yoav Galant, ex generale dell’Esercito israeliano. Scarsa la percentuale delle donne: su 29 ministeri ci sono solo cinque ministre – nel governo uscente erano nove –, nessuna delle quali farà parte del Consiglio di difesa. Ieri un migliaio di persone si sono riunite fuori dalla Knesset per protestare contro l’esecutivo.
Il nuovo governo, oltre a portare avanti l’agenda politica dei partiti della destra estrema – concedendo sempre più vantaggi alla comunità dei religiosi rispetto ai cittadini laici e, nei Territori, in difesa dei coloni e a scapito dei palestinesi – ha già annunciato di voler indebolire il sistema giudiziario. Tra gli obiettivi, l’annullamento dei processi – per corruzione, truffa e abuso d’ufficio – che da anni pendono sulla testa di Netanyahu.