martedì 23 maggio 2023
La fornitura ha un potere escalatorio enorme: è l’ultimo gradino prima della guerra diretta con Putin E i costi sono insostenibili
Un F-16 in volo nei cieli dell'Estonia

Un F-16 in volo nei cieli dell'Estonia - Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

Nell’equazione della guerra, ci sta di perdere e vincere contemporaneamente. È successo agli ucraini: sconfitta a Bakhmut, Kiev ha ottenuto successi diplomatici a catena. Il tour globale di Zelensky ha fruttato risultati insperati. Dopo mesi di tergiversazioni, Joe Biden ha rotto gli indugi: non si opporrà più alla consegna di F-16 agli ucraini. Il presidente americano si sarebbe fatto garantire da Zelensky l’impiego dei caccia entro i confini ucraini. E ieri l’Alto rappresentante della Ue per la politica estera, Josep Borrell ha dato luce verde all’invio, valutando come una «buona idea» la decisione del G7 di fornire a Kiev («al più preso») i jet di cui ha bisogno.
La verità è che gli F-16 hanno un coefficiente escalatorio enorme. Sono l’ultimo gradino prima della guerra diretta con Mosca. Belgi, olandesi, norvegesi e danesi farebbero bene a ricordarselo prima di compiere il passo fatale. L’Italia non ha il problema: «Non avendo F-16, non ne può fornire, ma lavoreremo a una decisione comune con gli alleati», ha precisato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. La coalizione dei caccia potrebbe allargarsi anche a portoghesi, rumeni, slovacchi e bulgari, che già impiegano o hanno in ordine F-16 di vari modelli. Gli ucraini ne vorrebbero 200, ma quelli pronti rapidamente sono solo 60.

L’ambasciatore russo a Washington, fattosi esperto di affari militari, chiosa: «l’Ucraina non ha infrastrutture per far funzionare gli F-16. Non ha piloti a sufficienza e tecnici per manutenere i velivoli. Che cosa succederebbe se i caccia decollassero da aeroporti europei, supportati da occidentali?». Kiev non ha ancora piloti e tecnici: questo è vero. I piloti avranno bisogno di almeno un quadrimestre di tempo. Agli ingeneri occorreranno invece almeno 18 mesi. Le infrastrutture non dovrebbero essere un problema, sempre che belgi e norvegesi cedano davvero i loro F-16 AM/BM, tutti dotati di un paracadute di coda che permette loro di manovrare anche da tronchi stradali e piste spartane. Il vero nodo dell’intera faccenda saranno i pezzi di ricambio. Ecco perché Sergeij Ryabkov, da Mosca, ostenta sicurezza: «Gli aerei in arrivo in Ucraina saranno inutili».

Forse ha ragione. Gli F-16 destinati alla cessione in tempi rapidi sono modelli vecchi, anni ’80. Pur aggiornati, sono surclassati dai Mig-31 e dai Su-35 russi. Sopravviveranno? Se tutto va bene, produrranno in attacco vantaggi aerei fugaci e localizzati. Serviranno in difesa, come alter ego delle antiaeree terrestri Patriot, Nasams, Iris-T, Gepard e Sampt-T già in mano a Kiev o in procinto di esserlo. Abbatteranno missili da crociera e droni kamikaze. Di sicuro non parteciperanno alle annunciate controffensive. Non faranno in tempo. Sconteranno poi altri limiti. Chi, in Occidente, metterà mano al portafogli per armarli? I missili aria-aria Aim-120 costano 1,2 milioni di dollari l’uno. Senza contare la manutenzione dei jet. Per quanto la Nato infranga un tabù dietro l’altro, non esistono armi magiche, rimedio miracoloso a una guerra priva di sbocchi militari.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: