sabato 24 aprile 2021
Il capo della Casa Bianca ha scelto il Giorno della memoria. Dichiarazione scritta affidata ai media, anticipata a Erdogan. Che sbotta: «Non prendiamo lezioni, menzogna a fini politici»
La tragedia e il dolore. Un'immagine del genocidio armeno

La tragedia e il dolore. Un'immagine del genocidio armeno - Ansa

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Fiori e lacrime, come ogni anno. Fiori e lacrime, quest’anno indossando la mascherina, attorno alla fiamma perenne di Tsitsernakaberd, il memoriale del genocidio armeno. Migliaia di persone hanno sfilato a Erevan, come ogni 24 aprile, sotto la stele alta 44 metri, simbolo della rinascita armena: un 106esimo anniversario “strabico”, con il cuore a Erevan, e lo sguardo fisso alla Casa Bianca.

Una attesa cresciuta di ora in ora, dopo le anticipazioni della stampa e la telefonata, venerdì sera, tra Joe Biden e Recep Tayyip Erdogan. Schermaglie tra i due leader, con l’appuntamento al vertice Nato di giugno a Bruxelles per «gestire» i «disaccordi». Nessun altro cenno, nessun passo indietro della Casa Bianca.
Poi, quando a Washington erano le 12, la storica dichiarazione di Joe Biden: «Il popolo americano onora tutti gli armeni che sono morti nel genocidio che iniziò 106 anni fa». Nei decenni scorsi «gli immigrati armeni hanno arricchito in innumerevoli modi gli Stati Uniti, ma non hanno mai dimenticato la loro tragica storia», ha aggiunto il presidente Usa. Una dichiarazione scritta, forse per evitare fraintendimenti, forse per non gettare benzina con un discorso ufficiale, sul fuoco di una polemica incandescente. «Lo facciamo non per incolpare qualcuno, ma per assicurarci che quanto accaduto non si possa ripetere», ha precisato Joe Biden, come per smussare l’attesa reazione di Ankara.

La Turchia «respinge e denuncia con la massima fermezza» la dichiarazione Biden, era la dura replica del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Una dichiarazione «basata esclusivamente sul populismo» mentre la Turchia «non ha niente da imparare da nessuno sul proprio passato: la natura degli eventi avvenuti nel 1915 non cambia in linea con le motivazioni dei politici o con considerazioni politiche», ha concluso Cavusoglu.

La dichiarazione di Biden – mai nessun presidente americano l’aveva fatto – rischia di alzare ulteriormente la tensione fra Washington e la Turchia, benché alleata sotto l’ombrello della Nato. Una decisione, per una Amministrazione Usa molto sensibile al tema dei diritti umani, che potrebbe aprire un fronte diplomatico anche con le altre autocrazie mondiali, a cominciare da Russia e Cina. Un nuovo corso internazionale con Biden alla Casa Bianca, dovendo considerare delicatissimi interessi geopolitici ed economici. Una partita diplomatica che si gioca, di prima battuta, anche fra Armenia e Azerbaigian sostenuta da Ankara, dopo la guerra dello scorso settembre in Nagorno Karabakh. Un’ora dopo la dichiarazione Biden, la Casa Bianca ha infatti fatto sapere di «incoraggiare l’Armenia e la Turchia nel ricercare una riconciliazione e una normalizzazione dei rapporti».

Il riconoscimento del genocidio è un «passo potente», ha esultato il premier armeno Pashinyan. Un passo che rappresenta «materia di sicurezza per l’Armenia, specialmente dopo gli avvenimenti che hanno avuto luogo nella regione l’anno scorso». Pashinyan, in una lettera inviata a Biden, ha precisato che la dichiarazione sul genocidio è salutata con «grande entusiasmo» dagli armeni in tutto il mondo anche perché servirà a «prevenire la ripetizione di simili crimini contro il genere umano», ha scritto Pashinyan.

Solenne commemorazione pure in Francia, dove il genocidio armeno è riconosciuto dal 2001 e una legge del 2012 considera un reato negarlo. «Non dimentichiamo. Combatteremo insieme contro il negazionismo, l’odio, la violenza. Il popolo francese e il popolo armeno sono legati per sempre», ha dichiarato il presidente Emmanuel Macron a Parigi, davanti alla statua di padre Komitas, il simbolo del genocidio.

Sono una trentina gli Stati che hanno sinora formalmente riconosciuto il «Metz Yeghern», il “Grande male” che gli armeni hanno cercato a lungo di far conoscere a livello internazionale con l’uccisione di 1,5 milioni di persone durante il crollo dell’Impero Ottomano. Yerevan ha anche chiesto un risarcimento finanziario ad Ankara e il ripristino dei diritti di proprietà per i discendenti di coloro che furono uccisi.

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