venerdì 9 gennaio 2015
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La fede religiosa trasformata in fanatismo, con il risultato di una violenza cieca che si scatena contro il nemico, senza risparmiare neppure gli innocenti. Non è la cronaca di quanto accaduto mercoledì a Parigi, ma la sintesi stringatissima di Exodus: dei e re, il film di ispirazione biblica con cui il regista Ridley Scott ha voluto proporre la sua personale interpretazione della figura e della missione di Mosè. Perché un’interpretazione c’è, a dispetto di quanto sostenuto con arguzia dal critico del quotidiano israeliano “Haaretz”, per il quale Exodus  è un film «tutto spettacolo e niente personaggi».Vero, almeno in parte, ma ciò non toglie che la sceneggiatura – in complesso abbastanza grossolana – insista spesso sui due concetti richiamati sopra: fanatismo e violenza religiosa, appunto. Temi non proprio indifferenti all’indomani del massacro nella redazione di “Charlie Hebdo”.  In Francia, come in gran parte d’Europa, Exodus è uscito in prossimità del Natale, in Italia arriverà nelle sale il 15 gennaio. Finora a fare notizia sono state più che altro le controversie e le censure provocate da questa sbrigativa rielaborazione del Pentateuco. Le polemiche sono cominciate con largo anticipo negli Usa, dove non è passata inosservata la composizione del cast, troppo anglosassone e non abbastanza mediorientale. Accusa in parte infondata, ancora una volta, considerato che al muscolare Mosè di Christian Bale fanno da contrappunto le fisionomie assai più aderenti di Ben Kingsley nel ruolo del vecchio saggio Nun e della spagnola María Valverde in quello di Zippora, la sposa del profeta. Più accentuate, semmai, le semplificazioni pseudoteologiche, tra le quali andrà segnalato se non altro il continuo scambio di battute alla pari tra Mosè stesso e l’Onnipotente. Il quale, in procinto di dettare le Tavole della Legge, si premura di chiedere il consenso informato del suo amanuense: «Se non sei d’accordo, lascia cadere lo scalpello», dice.  La vera questione, in ogni caso, riguarda il destino che Exodus sta avendo nei Paesi musulmani. Il primo a bloccare le proiezioni è stato il Marocco, che ha contestato con forza la scelta di rappresentare Dio in forma umana. Soluzione inaccettabile per l’islam oltre che per l’ebraismo osservante, ma di difficile comprensione anche per lo spettatore nostrano. In prossimità del roveto ardente si manifesta infatti un bambino che in alcune circostante sembra un angelo, in altre si attira il sospetto di essere un’allucinazione (poco prima di incontrarlo Mosè ha battuto la testa...), ma al momento opportuno pronuncia il fatidico «Io sono!», rendendo perfetta la confusione. Per quanto non dichiarate, motivazioni di natura religiosa paiono all’origine anche del bando di Exodus negli Emirati Arabi Uniti, mentre fin troppo argomentata risulta l’esclusione dalle sale stabilita dall’Egitto. Da un lato si lamentano le inaccuratezze storiche, dall’altro si respinge l’assunto politico del film, apertamente bollato come “sionista”.  Autore di pietre miliari come Blade Runner, Alien, Thelma & Louise e Il gladiatore, Ridley Scott ha sempre avuto un atteggiamento ambivalente nei confronti delle tematiche religiose. Il suo cinema è pervaso da una spiritualità indistinta e a tratti affascinante, che tuttavia non attenua l’ostilità del regista verso le religioni istituzionali. Si prenda ad esempio Le Crociate (2005), nel quale il torto stava tutto dalla parte dei cristiani, contrapposti a un islam vistosamente ingentilito.  Il gioco si ripete in Exodus, con i civilissimi egizi che praticano una “religione civile” nella quale, in senso stretto, non crede neppure il Faraone. Tengono in schiavitù gli ebrei e ne bruciano i cadaveri (la scena è uno dei non infrequenti accenni alla Shoah), ma non ne comprendono la fede cieca nel Dio unico, al quale vanno addebitate le atroci “piaghe”. La tesi sposata da Scott, insomma, è quella ormai molto popolare per cui il monoteismo e solo il monoteismo sarebbe portatore di conflitti su base religiosa. Una teoria elaborata dall’egittologo Jan Assmann e nota, non a caso, come “eccezione mosaica”. Sia pure riportate con rozzezza, sono le stesse considerazioni che Scott ha avanzato durante le presentazioni di Exodus e che oggi riecheggiano in alcuni dei commenti alla tragedia di Parigi. Il film, ha precisato il regista in tempi non sospetti, vuole fare riferimento esplicito all’attualità . Con quali risultati, però, è ancora tutto da capire.
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