.jpg?width=1024)
Il fronte del "no" all'eutanasia ha manifestato davanti al Parlamento di Westminster durante il voto - Reuters
Londra spalanca le porte all’eutanasia. La Camera dei Comuni ha approvato ieri la legge che legalizza il ricorso al suicidio assistito per i malati terminali. Il testo, di iniziativa parlamentare, non governativa, è passato per una manciata di voti: 314 favorevoli, contro 291 contrari. Solo ventitré “sì” di differenza faranno di Galles e Inghilterra (Scozia e Ulster restano esclusi) la nuova frontiera del “favor mortis” in Europa dopo Belgio, Paesi Bassi, Lussembrugo, Austria, Spagna e Portogallo.
Sul provvedimento dovranno adesso esprimersi i Lord che, tuttavia, non hanno ampi spazi di manovra: i parlamentari “anziani”, nominati e non eletti, si limiteranno a certificare la volontà popolare espressa dai deputati. Il via libera non era affatto scontato. Il percorso della legge, a Westminster, è stato molto veloce (otto mesi) ma fortemente divisivo. Il fronte del «sì», capitanato dalla prima firmataria, la laburista Kim Leadbeater, ha intercettato consensi anche tra i conservatori che sono, per tradizione politica, depositari delle istanze pro-life.
A votare per il suicidio assistito si è presentato, in aula, ieri, anche il premier Keir Starmer, favorevole all’eutanasia passiva sin da quando era Procuratore della Corona. Sono però 160 i laburisti che, accogliendo l’esortazione al voto secondo coscienza, si sono espressi per il «no». Tra questi, diversi ministri e, dettaglio non secondario, la vicepremier Angela Reyner. Molti hanno cambiato idea tra una lettura e l’altra del testo, l’ultima è stata a novembre, sulla scia dei pareri di esperti e associazioni, di entrambe le parti, convocate in audizione. Intenso è stato anche il lavoro svolto, all’ultimo minuto, in aula, per cercare a suon di emendamenti di rendere la legge “passabile”.
Al suicidio assistito potranno accedere, previo consenso di due medici e di una commissione composta da uno psichiatra, un assistente sociale e un avvocato, solo i maggiorenni, capaci di intendere e volere, con aspettative di vita di massimo sei mesi. Sono escluse, questo è il risultato di una modifica last minute, quelle motivate da disabilità o disturbi mentali (compresa l’anoressia). Garanzie sollecitate dalle associazioni di categoria.
La determinazione ad aprire all’eutanasia, già legale anche nei territori britannici dell’Isola di Man e Jersey, ha portato l’aula a impegnare il governo nell’aggiornamento del National Health Service Act del 2006 per includere il suicidio assistito tra gli scopi del Sistema Sanitario Nazionale (Nhs). Nodo che ha agitato quanti guardano con sospetto al ruolo, sempre più diretto, che lo Stato acquisirebbe nelle questioni di vita o di morte dei cittadini. Anche se la legge dovesse essere approvata entro la fine anno, l’attuazione richiederà fino a quattro anni. Non è ancora chiaro se il servizio sarà fornito direttamente dalla sanità pubblica o da operatori privati, né se sarà gratuito o a pagamento.
Il risultato dello scrutinio è stato accolto dalla lobby eutanasica britannica, con Humanitas Uk e Dignity in dying in prima linea, come una «vittoria storica per la compassione, la dignità e la libertà di scelta». Slogan gridati dagli attivisti che hanno atteso l’esito del voto a Parliament Square. Dall’altro lato della piazza, il mondo pro-life in allarme per i rischi legati all’applicazione di una legge «profondamente difettosa e pericolosa». Che costringe la rete degli hospice a una profonda riorganizzazione tutta da disegnare. «Siamo preoccupati per il futuro delle cure palliative – ha dichiarato l’arcivescovo John Sherrington, responsabile per le questioni di bioetica della Chiesa cattolica di Galles e Inghilterra – soprattutto perché l’esperienza suggerisce che, in assenza di protezioni esplicite, gli hospice potrebbero essere obbligati a collaborare con il suicidio assistito.
Se ciò accadesse, il futuro di molte istituzioni cattoliche potrebbe essere a rischio». «Non perdiamo la speranza – ha però incoraggiato – e continuiamo a combattere”.