mercoledì 14 aprile 2010
L'inviato speciale per l'Afghanistan e il Pakistan, ambasciatore Iannucci, ha comunicato che i tre medici italiani di Emergency sotto fermo di polizia sono stati trasferiti da Helmand a Kabul dove potranno, nella giornata di domani, essere visitati dall'Inviato speciale del Ministro e dall'Ambasciatore italiano a Kabul, Claudio Glaentzer,
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L'inviato speciale per l'Afghanistan e il Pakistan del Ministro degli Esteri Franco Frattini, Ambasciatore Iannucci, ha stamane comunicato che i tre medici italiani di Emergency sotto fermo di polizia sono stati trasferiti da Helmand a Kabul dove potranno, nella giornata di domani, essere visitati dall'Inviato speciale del Ministro e dall'Ambasciatore italiano a Kabul, Claudio Glaentzer. Lo si apprende da fonti della Farnesina.LE LAMENTELE DI IERIIl governo italiano è "insoddisfatto" dalle risposte fornite dal governo afghano nella vicenda dei tre medici di Emergency (Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani) arrestati sabato scorso a Lashkar Gah. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, riferendo in audizione alla Commissioni Esteri riunite in seduta congiunta. Contestualmente il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha scritto una missiva personale al presidente afghano, Hamid Karzai chiedendo al governo afghano "risposte urgenti e concrete" sulla vicenda."Desideriamo conoscere con urgenza le configurazioni dell'accusa che viene mossa ai cittadini italiani", ha spiegato Frattini, "vogliamo conoscere gli elementi di prova e che venga garantito il diritto pieno alla difesa. Sono deciso a intensificare alcune azioni per l'acceleramento dei fatti con il pieno rispetto del diritto a nominare un avvocato". I connazionali arrestati in Afghanistan "sono in un buono stato di salute", ha comunque garantito Frattini. Infine il ministro degli esteri ha sottolineato come il governo italiano si è attivato con determinazione per arrivare a un "rapido accertamento dei fatti" e garantire i "diritti alla difesa" e il principio di presunzione di innocenza che deve essere osservato non solo in Italia". OSPEDALE IN MANI AFGHANEL'ospedale di Lashkar Gah è “caduto”: non è più una struttura di Emergency. «Il nostro staff – ha fatto sapere l’Ong di Gino Strada – non è più entrato nella struttura dal momento dell’irruzione. Da allora non abbiamo più la responsabilità delle attività che vi si svolgono». La giornata si era aperta comunque con una buona notizia: il rientro a Kabul di quattro donne italiane e di un fisioterapista indiano che, dopo l’intervento degli uomini della Direzione per la sicurezza nazionale (Nsd) afghana, erano stati posti in una sorta di arresti domiciliari. I cinque, accompagnati dal logista italiano dell’ospedale di Emergency di Kabul, si sono sistemati nella guest house che la Ong possiede in Shahr-e-Now Road, senza contatti però con la stampa, visto che non sono ancora rientrati in possesso dei passaporti. Al riguardo, fonti diplomatiche hanno spiegato che quei documenti sono rimasti nella cassaforte dell’ospedale di Helmand e che ora l’ambasciata di Kabul ne predisporrà di nuovi per permettere loro di lasciare l’Afghanistan. Più complessa è apparsa invece con il passare delle ore la situazione dei tre fermati – il chirurgo Marco Garatti, l’infermiere Matteo dell’Aira e il tecnico Matteo Pagani – di cui non si hanno notizie certe dal momento del blitz nell’Ospedale di Lashkar Gah. In mancanza di dichiarazioni ufficiali, si è fatta strada l’ipotesi che in gran segreto i tre siano stati trasferiti a Kabul per essere messi a disposizione di un tribunale speciale per i reati di terrorismo, che non esiste nel capoluogo di Helmand. Una possibilità che Gino Strada ha ritenuto plausibile, sostenendo che le autorità afghane si sono mosse nei confronti dei tre «in flagrante violazione dei trattati internazionali». Un’altra fonte si è spinta anche a suggerire che Garatti e gli altri siano detenuti «da due giorni» a Policharki, carcere della capitale recentemente riammodernato. L’ermetismo e l’assoluta mancanza di notizie sugli aspetti giuridici della questione mostra, ha sottolineato un avvocato afghano che ha chiesto di non essere identificato, che «siamo di fronte ad un tema di sicurezza nazionale, per il quale saltano i riferimenti giuridici del codice di procedura penale afghano, e perfino gli aspetti generali della legge sul terrorismo del 2008». «In situazioni come questa – ha concluso – i servizi di informazione godono di una relativa libertà e possono ottenere tutte le proroghe necessarie al raggiungimento degli obiettivi posti». A conferma della marginalità, in questa fase, del potere politico afghano, il portavoce del ministero dell’Interno, Zamaray Bashary, ha detto di «non aver nulla da dire perché la questione è completamente nelle mani della Nsd» e che quindi «è necessario rivolgersi ad essa». Ma un portavoce della Nsd, alla richiesta di precisare il luogo dove si trovano gli italiani, ha risposto anche lui: «Non ho nulla da dire. Provate a richiamare domani». Intanto l’ambasciatore d’Italia, Claudio Glaentzer, che si era recato domenica a Lashkar Gah per seguire la sorte dei connazionali, è rientrato a Kabul con un volo speciale, in attesa dell’arrivo in Afghanistan oggi dell’inviato della Farnesina per l’Afghanistan, Massimo Iannucci, e del consigliere giuridico del ministro Franco Frattini, Rosario Aitala.
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