venerdì 19 giugno 2015
Alle elezioni politiche di ieri in Danimarca l'opposizione di centrodestra di Lars Loekke Rasmussen ha vinto sulla coalizione di centrosinistra guidata dalla premier uscente Helle Thorning-Schmidt. L'opposizione si assicurerebbe 90 seggi su un totale di 179.
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​In Danimarca torna a soffiare un vento di destra. Con la conquista di oltre 90 seggi su un totale di 179, i Blu, il blocco conservatore dell'ex premier Lars Lokke Rasmussen, ottiene la maggioranza necessaria per guidare il Paese scandinavo per i prossimi anni, grazie al risultato sorprendente dei populisti xenofobi del Partito del popolo danese. Questi ultimi, facendo della bandiera anti immigrazione uno dei temi della loro campagna elettorale, hanno conquistato il 21,1% dei voti, diventando di fatto il secondo partito in Parlamento. I socialdemocratici della premier uscente Helle Thorning-Schmidt restano il primo partito con il 26,3% dei voti, ma hanno ammesso la sconfitta. "Abbiamo perso per un soffio", ha commentato Thorning-Schmidt, annunciando che si sarebbe dimessa da premier e da leader del partito.
"Sono convinta che Loekke (Rasmussen) ami il nostro Paese - ha aggiunto - e dovrebbe essere felice di ereditare una Danimarca in gran forma". "Quattro anni fa abbiamo riconsegnato le chiavi dell'ufficio del premier. Era solamente un prestito", sono state le prime parole di Rasmussen dopo il verdetto delle urne. Lars Lokke Rasmussen è stato ministro nei governi del suo omonimo Anders Fogh Rasmussen e nel 2009 era diventato premier quando Fogh Rasmussen era stato eletto segretario generale della Nato. Nel 2011 aveva perso le elezioni e aveva dovuto cedere il posto alla socialdemocratica Thorning-Schmidt.
"C'è una maggioranza che ritiene che la Danimarca abbia bisogno di un nuovo governo e ci ha dato la possibilità di riprendere quelle chiavi", ha aggiunto Rasmussen, il cui partito liberale ha perso il 7% dei consensi, sorpassato dai populisti (suoi alleati all'opposizione), gli stessi che però gli hanno consentito di ottenere il 51,5%. L'immigrazione, la crisi economica internazionale, dalla quale la Danimarca sembra essere uscita bene, ed il tema dello stato sociale, hanno dominato il dibattito pre-elettorale. Il governo uscente aveva adottato una posizione più intransigente sul tema delle quote di redistribuzione degli immigrati che è all'ordine del giorno in Europa. Con ondate migratorie sempre più imponenti e la Ue che in apparenza sembra finalmente aver deciso di non voltarsi dall'altra parte, decidendo che i richiedenti asilo vanno redistribuiti, Copenaghen aveva invece ristretto le maglie del suo sistema di accoglienza, facendo appello alla clausola di esclusione che, come Irlanda e Gran Bretagna, la tiene fuori da obblighi relativi al ricollocamento. Un passo che però non ha permesso al governo della Thorning-Schmidt di spuntare le armi degli avversari, tenacemente affezionati alle idee xenofobe e populiste che stanno facendo passi da gigante in Europa.
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