giovedì 13 gennaio 2011
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Il sottufficiale della polizia che martedì ha ucciso un uomo e ferito altre cinque persone, tutti cristiani copti, a bordo di un treno diretto verso l’Alto Egitto in corrispondenza della città di Assiut, soffre di disturbi psichici per i quali gli era stato proibito di portare armi tre anni fa. Lo riferisce il sito del quotidiano egiziano Al Masri El Youm, secondo il quale il divieto era stato deciso alla luce di un rapporto del consiglio medico del ministero dell’Interno. Amer Ashour Abdel Zaher (questo il nome dell’assassino), a cui sarebbe stata riaffidata un’arma un anno fa, non avrebbe avuto come obiettivo quello di colpire espressamente cittadini copti, visto che, in passato, era stato assegnato al controllo di una chiesa e quindi avrebbe potuto colpire anche lì. Non essendo conclusa l’indagine, tuttavia, la procura ha deciso di prolungare la custodia cautelare di Zaher per altri quindici giorni.Ieri, intanto, circa trecento persone hanno assistito ai funerali di Fathi Said Ebeid. La chiesa ha accolto i parenti e amici della vittima e della moglie, rimasta ferita insieme a quattro altre persone. Il vescovo Anba Mussa ha affermato durante l’omelia funebre che la vittima «ha raggiunto i martiri» ed ha fatto appello alla calma. La versione dell’accaduto proposta dal quotidiano indipendente permette alle autorità egiziane di tirare un sospiro di sollievo, allontanando lo spettro del terrorismo islamista che aleggia sul Paese dallo scorso Capodanno. O almeno di distrarre l’opinione pubblica, mentre proseguono le indagini sulla dinamica dell’attentato e sui responsabili: secondo quanto risulta ad "Avvenire", è alto l’allarme fra le autorità locali e i servizi di intelligence stranieri, da tempo a conoscenza «della presenza in Egitto di cellule terroristiche interne ed esterne», ha riferito una fonte attendibile vicina alla sicurezza.Per questo, «l’attentato non ha rappresentato una sorpresa», ha confermato la fonte cairota non escludendo futuri episodi. Dopo la strage della chiesa dei Due Santi di Alessandria d’Egitto, la comunità internazionale tiene d’occhio la presidenza egiziana e il suo modo di proteggere la minoranza cristiana. In questo clima di diffidenza reciproca, la moschea universitaria di Al Azhar cerca di stemperare i toni della polemica con il Vaticano, dopo che Il Cairo ha richiamato il proprio ambasciatore presso la Santa Sede per chiarimenti: «Non c’è alcuna ostilità nei confronti del Vaticano né rivalità, ma è necessario un chiarimento», ha affermato Muhammad Rifai Al Tahtawi, portavoce del grande sheikh Ahmed El Tayeb. «Stimiamo Papa Benedetto XVI e consideriamo positivo il fatto che il Pontefice abbia chiesto ai Paesi arabi di proteggere i cristiani in Medio Oriente, senza chiedere l’intervento di forze straniere». Estrema prudenza, inoltre, sulle mosse del governo egiziano. Il portavoce dell’università islamica non ha voluto commentare la decisione di richiamare l’ambasciatore: «È una questione politica che non ci riguarda direttamente», si è limitato a dire Al Tahtawi.
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