sabato 9 gennaio 2010
Le autorità respingono il movente confessionale della strage di cristiani durante il Natale ortodosso, ma per padre Rafiq Greiche, direttore dell’ufficio informazioni cattolico, quanto accaduto «è un atto pianificato da tempo».  «Quando il piano contro di me è fallito hanno sparato ai giovani».
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    Braccati dalla polizia, dopo due giorni di fuga nelle campagne egiziane messe a ferro e fuoco dagli agenti, sono nelle mani delle forze dell’ordine i responsabili della strage avvenuta nel villaggio egiziano di Nagaa Hamadi, nel governatorato di Qena (circa 700 chilometri a Sud del Cairo), nella notte fra il 6 e il 7 gennaio, quando la comunità cristiana copta ortodossa si preparava a festeggiare la Natività. I presunti colpevoli si sarebbero consegnati spontaneamente. Secondo una seconda versione, i fuggitivi sarebbero invece stati sorpresi mentre cercavano di nascondersi nelle piantagioni di canna da zucchero e riconosciuti dagli agenti. Nel massacro di cui sono accusati – i tre, a bordo di un’auto, hanno inseguito sparando i fedeli della chiesa di Anba Bashaya che uscivano dalla messa della vigilia del Natale copto ortodosso – sono morte 9 persone, fra cui un poliziotto musulmano intervenuto sul posto. La reazione della comunità copta locale, segnata negli ultimi mesi da ripetute aggressioni, non si è fatta attendere: 3mila cittadini cristiani si sono radunati di fronte alla stazione di polizia di Nagaa Hamadi e, successivamente, di fronte all’ospedale, per chiedere la restituzione dei corpi degli uccisi nella notte e celebrarne i funerali. Un raduno spontaneo trasformatosi poi in scontro violento con la comunità musulmana e gli agenti di sicurezza. Il coprifuoco imposto dalle autorità non ha impedito a membri dei due gruppi religiosi di affrontarsi nei giorni successivi. Nel frattempo, con l’obiettivo evidente di spegnere gli animi – anche in sede internazionale – le autorità respingono con decisione il movente confessionale per la strage. Il commando armato sarebbe stato composto da criminali comuni, non da integralisti islamici. È questa la versione privilegiata dagli organi di stampa ufficiali egiziani, con il quotidiano al-Ahram (Le Piramidi) in testa, che valorizza le parole di un investigatore: «Tutte le prove portano ad escludere una dimensione religiosa, piuttosto un atto criminale», motivato dal desiderio di vendetta per lo stupro subito da una ragazzina musulmana, violentata da un uomo cristiano. Quanto al più diffuso quotidiano indipendente, Al Masri El Youm (L’Egiziano oggi), la cronaca dell’accaduto è seguita da un appello alla popolazione di Nagaa Hamadi affinché prevalga «la fede nel principio di cittadinanza». Forte di una lunga storia di unità nazionale, «il popolo egiziano resterà un corpo solo che non sarà mai toccato dai tentativi singoli di chi vuole creare sedizione». Un richiamo che sembra riconoscere il clima di tensione interconfessionale nel Paese, come denunciato dal vescovo copto cattolico di Luxor, Youhannes Zakaria: «Vi è un disegno evidente di trasformare i giorni di festa cristiani in giorni del dolore», ha dichiarato Zakaria all’agenzia Fides, ricordando che «anche in occasione della Pasqua scorsa era stata attaccata la comunità cristiana nel villaggio di Nagaa Hamadi». L’agenzia Asia News, invece, riporta le parole del vescovo di Nagaa Hamadi, Anba Kirollos: «Era il mio assassinio quello a cui mirava il piano, e quando è fallito, i criminali si sono guardati attorno e hanno cominciato a sparare contro i giovani». Kirollos accusa di negligenza i servizi di sicurezza, che non garantiscono un’adeguata protezione ai luoghi di culto cristiani. Da parte sua il direttore dell’ufficio informazioni cattolico egiziano, padre Rafiq Greiche, ha definito l’accaduto una «vendetta religiosa». «Non si tratta assolutamente di un atto individuale come dice la polizia – ha sottolineato – è un atto pienamente pianificato ed organizzato». E anche se «non si tratta di un atto di terrorismo come quelli della Jihad o di al-Qaeda» è comunque una «vendetta basata sul fanatismo religioso». Netto anche il commento del portavoce dell’arcivescovado copto di Giza, padre Theodosius: un fatto «inimmaginabile». Intanto il presidente del Consiglio nazionale per i diritti umani, Boutros Boutros Ghali (copto), ex segretario generale dell’Onu, ha deciso di inviare sul posto una propria commissione di inchiesta.
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