venerdì 1 settembre 2017
Moglie o marito italiani: la seconda nazionalità è una porta per l’Europa Mentre tanti connazionali rinunciano al sogno londinese
Londra rimane un grande polo di attrazione (Ansa)

Londra rimane un grande polo di attrazione (Ansa)

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Non solo italiani che vogliono prendere la cittadinanza britannica per poter rimanere nel Regno Unito, ma anche inglesi che hanno deciso di diventare italiani. John Downey, docente di scienze della comunicazione all’università di Loughborough, sposato con una moglie italiana, Giuliana Battisti, e padre di Jack, un bambino di undici anni che ha la doppia nazionalità, ha votato per restare nella Ue ed è rimasto molto deluso dal risultato del referendum nel quale quasi il 52% dei britannici ha votato per la Brexit. «Se prendo la cittadinanza italiana pos- so circolare liberamente negli altri Paesi europei e anche lavorarvi. Manterrò anche la mia identità British perché si può avere la doppia nazionalità, grazie a un accordo tra Italia e Gran Bretagna», spiega il professor Downey. «Penso che più dimensioni convivano dentro di me.

Ovvero mi sento profondamente inglese ma anche italiano e europeo. Certo non avrei mai intrapreso questa strada se non fosse stato per il voto sulla Brexit. A convincermi è stato anche il fatto che ottenere la cittadinanza italiana sia un processo relativamente facile. È sufficiente essere sposati con un italiano, da almeno 18 mesi, e non avere precedenti penali. Non occorre avere trasferito la residenza in Italia né sapere l’italiano». Mentre John Downey, e altri cittadini britannici come lui, si sono affrettati a garantirsi un passaporto Ue, per non rimanere esclusi dall’Europa, il partito laburista, all’opposizione, ha annunciato un cambiamento significativo di politica in tema di Brexit.

«Continueremo a fare parte del singolo mercato anche oltre il marzo 2019, data fissata per l’abbandono definitivo dell’Unione da parte della Gran Bretagna», ha annunciato il ministro ombra per la Brexit Keir Starmer, promettendo un approccio molto più soft di quello che viene attuato dal partito Tory, oggi al potere. Il ministro delle Finanze e del Tesoro Philip Hammond e quello per il Commercio Liam Fox hanno, infatti, promesso di interrompere la libera circolazione delle merci e delle persone quando la Gran Bretagna lascerà la Ue. Se il professor Downey si assicura, guadagnandosi la cittadinanza italiana, un accesso all’Europa, sono moltissimi gli italiani che hanno rinunciato al loro sogno londinese dopo la Brexit. Se ne è accorto padre Andrea Fulco, parroco alla st. Peter’s Church, circa duemila fedeli, a Clerkenwell, quartiere dove, nell’ottocento, si concentrava l’immigrazione italiana nel Regno Unito. «Molti nostri connazionali, dopo il voto dello scorso giugno, hanno pensato di aver bisogno di un visto per venire a Londra e hanno deciso di rimanere in Italia», spiega padre Fulco. «Nel 2015 arrivavano circa mille italiani al mese a Londra mentre oggi sono cento. A risentirne è soprattutto il settore della ristorazione, bar e ristoranti che contavano sulla manodopera italiana».

«La sterlina è scesa e, di conseguenza, è meno conveniente per gli italiani lavorare nel Regno Unito perché non riescono a risparmiare», spiega Francesco di Rosario, uno dei responsabili del progetto “Benvenuto a bordo”, un programma di incontri pensati, proprio dalla chiesa di st. Peter’s, per aiutare chi arriva nella capitale britannica per la prima volta. «A “Benvenuto a bordo” partecipavano circa 20 italiani alla settimana, prima del referendum, mentre, oggi, sono cinque». In ripresa, secondo di Rosario, anche le truffe online. «Esistono siti falsi che propongono posti di lavoro inesistenti usando località britanniche vere», spiega. «Agli italiani che ci cascano viene fatto un colloquio online e vengono chieste diverse centinaia di euro per un visto che non è necessario».

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