martedì 20 febbraio 2024
Un’ondata d’allarmismo si è propagata sui media, a volte con titoli a effetto che evocano l’imminente «invasione» della Ville Lumière, o un intero Paese «infestato» dalle processionarie
I bruhi della processionaria

I bruhi della processionaria - Web

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Per i francesi, le pinete della Costa Azzurra e della Provenza restano una meta eccelsa di villeggiatura. Dallo stesso quadrante sudorientale, inoltre, ha pian piano guadagnato terreno in Francia la cucina mediterranea a base d’olio d’oliva, ben più consigliata di quella tradizionale al burro tipica delle regioni continentali dei grandi allevamenti. Insomma, fra paesaggi e gastronomia, di che tenere a lungo alta la reputazione di una regione da sogno. Anche se adesso, a dire il vero, il quadro idilliaco comincia a scricchiolare un po’. Tutta colpa di un indiscreto visitatore errante non proprio dei più graditi, proveniente proprio dalle mitiche e soleggiate contrade provenzali. Da qualche anno, i bruchi urticanti di processionaria, così chiamati per il riflesso ancestrale di spostarsi lentamente in fila indiana, hanno scoperto il tepore inedito del Settentrione. Dai caratteristici nidi setosi sui pini del Midi, sono così partiti alla ventura, di foresta in foresta, colonizzando pure altre specie di alberi. Tanto che ormai l’animaletto è segnalato alle porte di Parigi.

Cercando di guardare il bicchiere mezzo pieno, si può dire che i parigini hanno così sotto gli occhi, prima che arrivi magari pure sotto i piedi, una nuova prova apparentemente inoppugnabile del cambiamento climatico. Di che zittire gli ultimi irriducibili negazionisti. Ma questa spia del clima mutante non ha solo effetti positivi. Anzi. Tanto che dopo la fobia delle cimici, nella densissima conurbazione parigina, dove vivono oltre 12 milioni di abitanti, rischia di attecchire una sorta di “brucofobia”, per così dire.

Eppure, certi ecologisti sottolineano da tempo che i nidi di processionaria non sono necessariamente un flagello assoluto. Da una parte, perché le future farfalle raramente conducono alla morte degli alberi. Dall’altra, perché gli stessi nidi rappresentano un «micro-ecosistema» in cui trovano rifugio pure ragni, coleotteri, insetti vari, contribuendo così alla biodiversità, a differenza di quanto si crede in genere. Inoltre, per uccelli e pipistrelli, i bruchi rappresentano una preziosa risorsa invernale di cibo facile. Fra l’altro, spiegano certi specialisti, la propagazione dei bruchi non è lineare: raggiunge dei picchi all’incirca ogni 9 anni, come starebbe avvenendo in quest’inverno, prima di cicliche contrazioni.

Ma simili dotte spiegazioni naturalistiche, per il momento, restano un po’ in sordina. Proprio mentre cresce invece la repulsione per i bruchi urticanti, additati in particolare per i gonfiori, generalmente non gravi, provocati ad incauti bambini, oltre che a cani ed altri animali di compagnia. Il periodo più temuto è proprio la fine dell’inverno, quello delle processioni al suolo.

Ufficialmente, per decreto, la specie è stata classificata in Francia come «nociva» solo nell’aprile del 2022. Ma i sindaci dei numerosi comuni “visitati” restano divisi. Alcuni hanno ordinato rapide disinfestazioni, con risultati spesso incerti, mentre altri hanno al massimo optato per interventi circoscritti nelle zone di forte passeggio. Ben più in fretta dei bruchi, in ogni caso, un’ondata d’allarmismo si è propagata sui media, a volte con titoli a effetto che evocano l’imminente «invasione» di Parigi, o un intero Paese «infestato» dagli animaletti dall’aspetto beffardamente setoso, un po’ come gli stessi nidi.

Dunque, allarmismo contro minimizzazioni. Appelli a debellare il presunto invasore contro inviti argomentati a lasciarlo sostanzialmente in pace, trattandosi comunque di un tassello non inutile del puzzle naturale. Insomma, i bruchi forse anche come “barometro” di una percezione dei fenomeni naturali che in Francia, secondo tanti ricercatori, sta mutando, soprattutto fra una generazione e l’altra.

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