giovedì 8 aprile 2010
Malgrado il caso sia prescritto per la giustizia civile, sospeso un vescovo per una vicenda risalente all’inizio degli anni ’90. Il cardinale di Santiago del Cile, Errazuriz Ossa: con il Pontefice si attacca la verità. Il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche Gattegna: inappropriati e inopportuni alcuni interventi e paragoni. Il presidente dei vescovi sudafricani: la Chiesa africana non è immune.
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Un caso di abuso su un minore confessato da un ex vescovo scuote la Norvegia. La notizia, confermata dalla Conferenza episcopale, riguarda un episodio di vent’anni fa, prescritto per la legge civile ma non per la Congregazione per la dottrina della fede, che nel 2009 è tempestivamente intervenuta rimuovendo l’ex presule da ogni attività pastorale. A ulteriore dimostrazione che le nuove procedure – introdotte proprio dall’attuale Pontefice quand’era prefetto del dicastero dottrinale della Santa Sede – a tutto tendono tranne che a "coprire" o "insabbiare" casi del genere.«La vicenda riguarda un caso di abuso sessuale di un minore dell’inizio degli anni 90, venuto a conoscenza delle autorità ecclesiastiche nel gennaio del 2009», ha spiegato ieri il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, confermando quanto affermato sul sito della Conferenza episcopale norvegese dal vescovo di Trondheim, monsignor Bernd Eidsvig, sul caso che ha coinvolto monsignor Georg Müller, suo predecessore dal 1997 al 2009. «La questione – ha aggiunto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede – fu affrontata ed esaminata con rapidità tramite la Nunziatura di Stoccolma, per mandato della Congregazione per la dottrina della fede. Nel maggio 2009 il vescovo presentò le dimissioni, che vennero tempestivamente accettate dal Santo Padre, e in giugno lasciò la diocesi. Si sottopose a un periodo di terapia e non svolge più attività pastorale. Dal punto di vista delle leggi civili il caso era prescritto. La vittima, oggi maggiorenne, ha finora sempre chiesto di rimanere anonima».Come la Chiesa norvegese, anche quella sudafricana ha ammesso che la Chiesa del continente «non è immune» agli scandali degli abusi sessuali. Nell’omelia della Messa del crisma di giovedì scorso il presidente della Conferenza episcopale del Sudafrica, l’arcivescovo di Johannesburg Buti Tlhagale, ha detto che «la cattiva condotta dei preti in Africa non è finita sotto i riflettori dei media come in altre parti del mondo», ma che ciò che è accaduto in Germania o in America «ci riguarda tutti. Dobbiamo assumerci la responsabilità per le sofferenze, lo scandalo, il dolore causato da coloro che dovrebbero essere modelli di buona condotta». Per Tlhagale quei sacerdoti infedeli – «lupi vestiti da agnelli» – hanno inflitto «ferite insanabili a vittime innocenti e hanno continuato a farlo nell’impunità» e bisogna reagire con coraggio e l’umiltà indicata da Benedetto XVI nella sua Lettera ai cattolici irlandesi.È comunque significativo che le vicende legate ai casi di pedofilia siano venute alla luce da quando, come voluto nel 2001 dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, la Congregazione per la dottrina della fede ha avocato a sé i procedimenti aperti nei tribunali diocesani nei casi di abusi sui minori. Secondo quanto riferisce la stampa messicana, nell’ultimo decennio sarebbero stati aperti in proposito, in Vaticano, circa 100 processi canonici a carico del clero messicano. Coinvolti anche quattro ecclesiastici brasiliani, tra cui un ex cappellano 82enne, e due preti già sospesi a divinis.Altrettanto indubbio, tuttavia, è che attorno a tali vicende sia stata montata una vera e propria campagna diffamatoria con obiettivo il Pontefice. Un «attacco al Papa e alla verità», come affermato in una lettera indirizzata a Benedetto XVI dal cardinale arcivescovo di Santiago del Cile, Francisco Javier Errazuriz Ossa. E come denunciato ancora l’altro ieri dal decano del Collegio cardinalizio Angelo Sodano, che aveva tra l’altro paragonato l’attuale attacco mediatico a quello contro «Pio XII per il suo comportamento durante l’ultimo conflitto mondiale». Al riguardo, ieri il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna ha parlato di «interventi e paragoni inappropriati e inopportuni, che preoccupano ancor più in quanto provenienti da autorevoli esponenti della Chiesa cattolica, rischiano di creare pericolosi e fuorvianti paralleli storici».
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