martedì 19 settembre 2023
«Il volume dei crimini della Russia non sembra diminuire». La procura internazionale apre gli uffici a Kiev e gli esperiti delle Nazione Unite esaminano "i primi" 103mila casi.
Dall'Onu nuove accuse per crimini di guerra commessi su ordine di Putin
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Si aggrava la posizione di Vladimir Putin davanti alla Corte penale internazionale. Se al momento il leader russo è ricercato per la deportazione di minori ucraini a cui è stata illegalmente attribuita la nazionalità russa e per poi consegnarli in adozione, ora le accuse riguardano i sistematici crimini di guerra commessi dalle forze di Mosca di cui Putin è il comandante supremo.
La Procura internazionale ha aperto la settimana scorsa il suo ufficio a Kiev, il più grande fuori dal quartier generale olandese dell’Aja. E sul tavolo degli investigatori è arrivato l’aggiornamento dei relatori speciali Onu. «Il volume di accuse credibili per tortura e altri atti inumani perpetrati contro civili e prigionieri di guerra dalle autorità russe sembra non diminuire», si legge nella nota che preannuncia un dossier conclusivo entro marzo 2024. «Questi atti gravi non sembrano né casuali né accidentali – viene spiegato dagli esperti incaricati dalle Nazioni Unite –, ma piuttosto orchestrati come parte di una politica di Stato per intimidire, incutere paura, punire o estorcere informazioni e confessioni». Il riferimento alla “politica di Stato” è quello che rimanda direttamente alla leadership russa che, in caso di nuovi mandati d’arresto, non potrà scaricare le responsabilità sui vertici militari. «Abbiamo raccolto – riferiscono gli esperti – testimonianze strazianti: riguardano l’applicazione di cariche elettriche alle orecchie e ai genitali, percosse di ogni tipo, finte esecuzioni sotto la minaccia delle armi, annegamento simulato, obbligo di mantenere posizioni di stress, minacce di stupro o di morte e varie “cerimonie” di scherno e umiliazione», e senza distinzione tra civili e militari, rimarca la nota da Ginevra dell’Ufficio Onu per i diritti umani. «I civili e i soldati ucraini rimpatriati – si legge – hanno raccontato di essere stati ammassati in scantinati e celle, in condizioni di congestione, e di essere stati nutriti male. Molti hanno raccontato di aver perso peso a livelli pericolosi».


Gli inviati delle Nazioni Unite hanno avuto modo di «esaminare le procedure e le pratiche di indagine e perseguimento dei crimini di tortura commessi nel contesto del conflitto armato». Una valutazione essenziale per convalidare il lavoro degli investigatori ucraini che viene messo poi a disposizione della Corte penale internazionale. Secondo i dati del governo di Kiev sono stati avviati procedimenti penali per 103mila presunti crimini di guerra. A dispetto delle cifre, si tratta di numeri ancora ridotti. «I casi accertati – scrivono gli “special rapporteurs” – non possono essere considerati esaustivi a causa dell’inaccessibilità delle aree attualmente occupate» e delle condizioni sul campo.
Il perpetuarsi del conflitto sta provocando «la perdita di prove cruciali a causa del deterioramento e del tempo trascorso». A questo si aggiunge la deliberata «distruzione degli edifici giudiziari». Non bastasse, occorre adeguare «il sistema della giustizia penale, anche in termini di risorse finanziarie, tecniche e umane, per essere in grado di processare e perseguire i crimini di atrocità internazionali, che richiedono riforme legislative e procedurali».

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Nella loro relazione gli ispettori Onu hanno mosso alcuni rilievi anche in direzione di Kiev. E’ stato osservato «che le autorità ucraine hanno compiuto sforzi sinceri per trattare con rispetto i prigionieri di guerra russi. I prigionieri di guerra sono alloggiati in edifici a caserma in cui vengono forniti loro letti, indumenti, gli articoli igienici e pasti». Alcuni soldati russi catturati «sono impegnati in lavori retribuiti e dispongono di spazi all’aperto», tra cui campi da calcio, accesso alla biblioteca, alla televisione «e sono stati compiuti sforzi per introdurre il verde in vari luoghi di detenzione». I militari di Mosca, in attesa di giudizio o di venire scambiati con i prigionieri ucraini, «possono praticare la loro religione. C’è anche una chiesa; un imam visita i detenuti musulmani. I detenuti possono anche essere in contatto con le loro famiglie nella Federazione Russa attraverso l’i-telefonia, un sistema appositamente creato per consentire le comunicazioni tra le linee».

Ansa / Afp


I prigionieri vengono «visitati regolarmente dal Comitato internazionale della Croce Rossa» a cui hanno manifestato preoccupazione per il loro futuro. Tuttavia sono state raccolte informazioni «su casi di abusii sui sldati russi durante la cattura e il trasferimento». Maltrattamenti che sarebbero avvenuti subito dopo la cattura e prima del loro ingresso nei centri di detenzione in Ucraina. «Tali denunce – precisa la nota Onu – devono essere esaminate a fondo».
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