lunedì 30 ottobre 2023
Il Cremlino e Kirill hanno cercato di fare passare l'episodio come il tentativo di Ucraina e Usa di mettere in cattiva luce la società russa. In realtà è solo il segno di un antisemitismo mai sopito
Un frame dell'assalto in Daghestan a un aereo proveniente da Tel Aviv

Un frame dell'assalto in Daghestan a un aereo proveniente da Tel Aviv - ANSA

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Il Cremlino e il Patriarca Ortodosso di Mosca Kirill ci hanno provato. Secondo l’ormai consueta strategia di ribaltamento della realtà, hanno tentato di fare credere che l’assalto in Daghestan da parte di centinaia di persone, che urlavano «Allah Akbar», all’aereo proveniente da Tel Aviv sia stato fomentato da potenze straniere, in primo luogo l’Ucraina e i soliti Stati Uniti. L’obiettivo di questa acrobatica teoria sarebbe stato quello di provocare uno spaccamento all’interno della società russa, che la propaganda del Cremlino descrive come cosmopolita e caratterizzata dalla convivenza di etnie e fedi diverse. Un’immagine idilliaca, smentita dalla guerra in Ucraina, dove sono stati mandati a morire soprattutto giovani provenienti dalla periferia di quello che un tempo fu un impero e oggi è un Paese con ambizioni neoimperiali che si riverberano su un ordine mondiale sempre più instabile.

Purtroppo, quanto accaduto all’aeroporto di Makhachkala è la dimostrazione che l’antisemitismo in Russia non se ne è mai andato, nemmeno adesso che di ebrei ce ne sono pochi. Secondo l’ultimo censimento del 2021, sono poco più di 80mila, su una popolazione di oltre 140 milioni di abitanti. Ma il bagaglio culturale non tiene conto delle leggi della statistica. Lo sanno bene i media non allineati al Cremlino, che hanno definito l’assalto all’aeroporto per quello che è stato, ossia un tentativo di pogrom.

Una caccia all’ebreo dove di ebreo, per la cronaca, non ce n’era nemmeno uno. L’aereo della compagnia russa Pobeda trasportava sei bambini musulmani che si erano recati in Israele per ricevere adeguate cure contro il cancro. Una missione umanitaria che, in condizioni normali, sarebbe rimasta ignota ai più e che invece, per un contrappasso quasi dantesco, è balzata agli onori delle cronache grazie a un atto di cieco odio. D’altra parte, gli ebrei di Russia non sarebbero così sprovveduti da atterrare in repubbliche come il Daghestan, l’Inguscezia o la Cecenia, per la grande maggioranza musulmane, controllate da gruppi integralisti e dove (parlando di cecenia) il presidente-dittatore, Ramzan Kadyrov, ha chiesto a tutto il mondo islamico di compattarsi contro Israele.

Ma l’assalto all’aeroporto rappresenta anche una grossa fonte di imbarazzo per il presidente Putin, che a furia di doversi ingraziare i suoi alleati internazionali (Iran e Turchia in primis) e potenti signorotti locali, come Kadyrov, ha lasciato che l’antisemitismo continuasse a proliferare nel suo Paese. Il Cremlino, in un primo momento, ha cercato minimizzare i fatti. Poi però, con le immagini che hanno fatto il giro del mondo, Putin è stato costretto a convocare un consiglio di sicurezza di emergenza. La versione ufficiale del ministero degli Esteri russo è che l’episodio si è concluso con soli 9 feriti fra le forze dell’ordine e 60 arrestati a fronte di una partecipazione di 150 persone. Peccato che, secondo il canale Telegram dell’Eco del Dagestan, la situazione sia molto meno sotto controllo. I partecipanti all’assalto dell’aeroporto identificati, sarebbero 510, 82 di questi sono nelle liste dei richiamabili per andare a combattere in Ucraina. Oltre all’aeroporto, sono stati assaltati decine di negozi, che non avevano nessun rapporto con Israele, dai quali è stato portato via soprattutto oro.

Gli Stati Uniti e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky hanno condannato con fermezza «l’attacco antisemita». Il presidente Putin, che pochi giorni fa ha ospitato i vertici di Hamas, può solo dare la colpa agli altri. In caso contrario, si tirerebbe contro troppa gente che gli serve in vista delle elezioni di marzo e che, evidentemente, controlla solo fino a un certo punto.

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