venerdì 14 marzo 2014
​Mosca invia caccia militari al confine.  Il quesito referendario di domenica  sarà in russo. Scontri a Donetsk: un morto. (Reportage di G. Ferrari)
Un quesito che pesa di Andrea Lavazza
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Il quesito referendario di domenica per stabilire se la Crimea si staccherà dal­l’Ucraina e aderirà alla Federazione russa sarà scritto in russo. Il che la dice lunga sia sull’esito sia sulla limpidezza del­la consultazione. Ma così vuole Vladimir Putin, grande protettore dell’irredentismo della penisola e futuro zar del lembo di terra strategicamente decisivo per la pre­senza russa nel Mar Nero. Non basta: «L’U­craina – fa sapere da Berlino l’ammini­stratore delegato di Gazprom, Alexiei Mil­ler – sta attraversando una crisi molto se­ria, ma deve pagare i suoi debiti per il gas che ha acquistato». Per finire, Mosca ha inviato sei caccia Sukhoi 27 e tre aerei militari da trasporto in Bielorussia, nell’aero­dromo di Bobruisk, a sud-est di Minsk, a cir­ca 200 chilometri dal confine ucraino. I ve­livoli russi prenderan­no parte alla seconda fase delle esercitazio­ni delle forze armate bielorusse per verifi­care la prontezza del sistema comune di difesa antiaerea russo­bielorusso. Peraltro, fonti occidentali sti­mano in almeno 20mila i soldati russi fat­ti affluire in Crimea negli ultimi giorni: po­chi per un’operazione su vasta scala in U­craina, sufficienti a garantire la secessio­ne della Repubblica autonoma.C’è però un piccolo zuccherino che l’ac­corto Putin elargisce al blocco occidenta­le (sì, “il blocco”, chiamiamolo così, oramai, visti i refoli di guerra fredda): probabil­mente gli osservatori dell’Osce – meravi­gliati perché finora non c’è stato spargi­mento di sangue – potranno in qualche modo vigilare sul referendum. La Russia ha anche accettato la richiesta dell’Osce di sorvolo sul proprio territorio di un aereo a sensori, al confine con l’Ucraina, per mo­nitorare la presenza militare russa nella zona. Un referendum però, che grazie al­la martellante propaganda di Mosca, per i russofoni di Crimea si sta trasformando in una scelta di campo fra la bandiera tri­colore della Federazione russa e quella na­zista, visto che i media della penisola raf­figurano l’Ucraina come il regno di Stepan Bandera, il nazionalista fondatore dell’U-I pa (l’esercito insurrezionale ucraino) com­promesso con il nazismo e fatto uccidere da Mosca all’indomani della Seconda guerra mondiale. «Ma attenzione – dice I­van Yakovlev, politologo dell’Università di Kiev – i russi di Crimea non superano il 59 per cento. Una maggioranza, certo, ma un quarto degli abitanti è ucraino e il 12 per cento appartiene all’etnia tatara di reli­gione  musulmana». L’ombra di un poten­ziale conflitto etnico di tipo ceceno, in­somma, non è poi così remota. Come se­condo molti non è affatto remota l’ipote­si di un’invasione russa dell’Ucraina o­rientale. Secondo il presidente Oleksan­der Turchynov, «quando le forze russe han­no preso il controllo della Crimea la scor­sa settimana, altre u­nità si sono concentra­te lungo il confine o­rientale, pronte per un’invasione». E ieri a Donetsk una persona è morta negli scontri tra filorussi e pro-Kiev. Non per caso il Parla­mento ucraino ha ap­provato ieri all’unani­mità l’istituzione di u­na Guardia nazionale che potrà contare sino a 60mila uomini e sarà alle dipendenze del ministero dell’Interno. In gran parte la mi­lizia sarà costituita da volontari prove­nienti dai «gruppi di autodifesa» formati­si durante la protesta del Maidan.Dire che la tensione stia calando sarebbe dunque una menzogna. Un certo nervo­sismo si respira anche in Crimea. Sempre meno tolleranti con i giornalisti, i militi russi (senza mostrine) si incattiviscono con gli inviati delle televisioni (un france­se di CanalPlus è stato arrestato): a Putin (come peraltro, guarda caso, a Erdogan) il vizietto di raccontare le cose come stan­no non è mai piaciuto, e i giornalisti russi lo sanno. Giusto due giorni fa il direttore di una testata moscovita è stato rimosso perché troppo indulgente con il dissenso. Anche un aereo da ricognizione ucraino, lungo il confine della Crimea, sarebbe sta­to accolto da raffiche da parte dei russi. Piccoli inequivocabili segnali. Tutto sem­bra appeso a un filo, male sue estremità so­no nelle mani del presidente russo. Che, come dice Angela Merkel, sembra muo­versi fuori dalla realtà. Ed è questa la cosa più pericolosa per tutti.
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