sabato 12 giugno 2010
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José Luis era un contadino. La multinazionale si aspettava che lui raccogliesse banane, prendesse la paga e non piantasse grane con noiose rivendicazioni. José Luis, invece, si mise alla testa del sindacato. La sua voce fu messa a tacere nel 2001 da Gregorio Mangones Lugo, uno dei capi delle Auc, gli spietati paramilitari di destra.La confessione di Mangones Lugo, arrestato nel 2006, sta facendo riaprire in Colombia e negli Usa i processi contro le due più grandi compagnie della frutta: Chiquita e Dole. Per anni le multinazionali hanno sostenuto di aver subito i tentativi di estorsioni dei guerriglieri, sebbene Dole ripeta ad ogni occasione di non aver mai pagato e di aver rispettato «le leggi di ogni Paese in cui la società fa o ha fatto affari». Dunque, caso unico in Colombia, non avrebbe mai avuto guai dai paramilitari. Il comandante Lugo racconta un’altra verità: «Ci pagavano per mantenere la sicurezza nelle loro piantagioni, per proteggere i loro dirigenti» ed anche per riportare alla ragione quanti reclamavano «condizioni lavorative e salari ingiusti o esagerati».Se Dole parla di «accuse false e stravaganti», al contrario Chiquita nel 2007 ha raggiunto un accordo con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. «Sulla base del patteggiamento – spiega una nota trasmessa ad Avvenire dalla multinazionale –, Chiquita pagherà in cinque anni una multa di 25 milioni di dollari». Il gruppo ha finora ammesso di avere versato alle Auc un totale di 1,7 milioni di dollari. Dazioni indirizzate anche alle Farc (la guerriglia di sinistra nota per i sequestri di persona, come quello di Ingrid Betancourt) quando queste avevano assunto il controllo delle aree dove Chiquita aveva i suoi centri produttivi.Le rivelazioni dell’ex leader guerrigliero, che si è autoaccusato di 500 omicidi fornendo prove molto circostanziate, sono state consegnate ai legali americani che curano gli interessi dei familiari delle vittime dei paramilitari. La dichiarazione giurata di Mangones Lugo, che Avvenire ha potuto ottenere da fonti legali colombiane e americane, è stata rilasciata in presenza dell’autorità giudiziaria di Bogotà e potrà essere utilizzata sia nei tribunali Usa sia in quelli del Paese latinoamericano. I familiari di 393 vittime, la maggior parte agricoltori, hanno chiesto 20 milioni di dollari di indennizzo per ogni persona uccisa. In totale 7,9 miliardi di dollari (5,4 miliardi di euro), cifra che decreterebbe il fallimento delle società coinvolte. Per quanto vastissimo, il giro d’affari annuale di Chiquita è infatti di 4 miliardi di dollari. «I pagamenti effettuati dalla compagnia sono sempre stati motivati dalla preoccupazione sincera per la sicurezza dei nostri dipendenti», ribadisce Chiquita dal quartier generale di Cincinnati. Una versione che le autorità di Washington e Bogotà considerano ancora insufficiente.Sostiene Jonathan Reiter, avvocato di parte civile, che la multinazionale dal bollino blu «era coinvolta in una cospirazione con le Auc per controllare la produzione e la distribuzione di banane in Colombia». Molto più di una sgradevole estorsione. Il gruppo si difende sostenendo di essere stato costretto a pagare e ricorda «tra gli innumerevoli attacchi sferrati dai paramilitari di destra e di sinistra, il massacro nel 1995 di 28 lavoratori di Chiquita, colpiti con un agguato al loro autobus» e l’assassinio nel 1998 «di altri due nostri lavoratori in una piantagione, mentre i loro colleghi venivano costretti a guardare». Reiter assicura di aver raccolto prove in base a cui Chiquita avrebbe fornito alle Auc armi, mezzi di trasporto e infrastrutture. «Chiquita è stata per molto tempo una vittima delle estorsioni in Colombia – replica un portavoce dell’azienda – e non permetteremo di trasformarci in vittima di estorsioni anche negli Stati Uniti. Ci difenderemo vigorosamente da questo tipo di accuse».Nelle nuove denunce formulate da Mangones Lugo, l’ex guerrigliero racconta di quando una formazione delle Farc denominata "Frente 19", si infiltrò «nella regione bananiera, provocando un caos totale. Noi – racconta Lugo – abbiamo scacciato le Farc dalla regione. Abbiamo stabilito un perimetro di sicurezza e mantenuto le Farc fuori dall’area». Tutto alla luce del sole. «Chiquita, Dole e tutti gli abitanti dell’area sapevano». E non poteva essere altrimenti. Secondo stime governative confermate da organizzazioni umanitarie le Auc, solo nella regione sudorientale della Colombia dove si concentra la maggior produzione di banane, negli anni ’90 avrebbero ucciso 3.780 persone. L’avvocato Terry Collingsworth annuncia battaglia: «Questo è forse il più grande caso di terrorismo della storia. In termini di vittime è tre volte superiore a quelle dell’attacco alle Torri gemelle». Il movimento paramilitare si è organizzato nelle Autodifese unite della Colombia (Auc) dopo il 1980 per opera di Carlos Castano, che volle così compattare le forze contro la guerriglia marxista delle di Eln e Farc. Per uccidere basta anche un sospetto. Come il 7 settembre 2001. Uno squadrone della morte trucidò tre contadini nell’azienda agricola "La Francesca". Le vittime si chiamavano Jorge Alberto, Miguel Ange e Gustavo Enrique Téran Pérez. «Ci fu segnalato che appartenevano alla guerriglia», spiega Lugo. Dove per guerriglia si intendono i nemici delle Auc, ovvero Farc e Eln. La soffiata secondo l’ex comandante paramilitare, arrivò direttamente dagli uomini che lavoravano per le compagnie americane. Stessa fine il 9 luglio 2004 faranno i fratelli Jimmy Antonio e Isaac Polo Orozco, falciati da una scarica di piombo sulla strada Troncal del Caribe, anch’essi «segnalati» quali «ausiliari della guerriglia».L’ultimo omicidio eccellente è del 20 marzo di quest’anno. Il giornalista Clodomiro Castilla, direttore della rivista El Pulso, è stato ucciso sulla veranda di casa a Monteria, nel Nord del Paese. Castilla si era fatto molti nemici, specie da quando scriveva delle attività di Salvatore Mancuso, l’italo colombiano figlio di emigrati calabresi diventato uno dei capi delle Auc, indagato negli Stati Uniti e in Italia per traffico internazionale di cocaina in accordo con la ’ndrangheta.Anche Mancuso è in galera. E ha deciso di saltare il fosso, depositando una impressionante mole di documentazione. Carte che raccontano di incontri con uomini di governo. Negli anni ’90 fu stretto un patto: creare un blocco paramilitare a Bogotà, dove Farc e Eln stavano per mettere a segno alcuni attentati, in modo da destabilizzare definitivamente il Paese innescando la bomba a orologeria di una guerra civile che avrebbe aperto la strada a un colpo di Stato.C’era però un rischio. La comunità internazionale avrebbe potuto reagire, con conseguenze anche per le esportazioni. Ora i capiguerriglia potrebbero spiegare perché e nell’interesse di chi si decise di rinunciare al golpe.
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