giovedì 21 dicembre 2023
Secondo l'esperta di politiche energetiche Valeria Termini, l'elemento storico della Conferenza è stata la decisione cinese di smarcarsi dalle petro-potenze. E la sintonia con la Santa Sede
La plenaria conclusiva della Cop28, terminata il 13 dicembre

La plenaria conclusiva della Cop28, terminata il 13 dicembre - Reuters

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La Conferenza Onu sul clima (Cop28), appena terminata, è stata “storica”. Non, però, per la menzione esplicita dei combustibili fossili e la richiesta ai Paesi di avviare la “transizione verso l’allontanamento” dagli idrocarburi. Ad essere “storica” è stata la posizione cinese che si è smarcata dai Brics guidati dalle petro-potenze e ha riaperto il dialogo con gli Stati Uniti avviato con Obama a Parigi nel 2015, adottando un atteggiamento di apertura al fine di contenere le emissioni. Non solo. Pechino ha anche mostrato una convergenza di intenti con la Santa Sede, che dal 2022 ha aderito alla Convention of the Parties o Cop delle Nazioni Unite. Ne è convinta Valeria Termini, economista di Roma Tre, nota esperta di politica energetica, tema su cui è stata chiamata a intervenire in qualità di esperta al Technical Wg on Investment and finance delle Nazioni Unite, nell’High Level Energy Dialogue 2021 – Cop26.

Professoressa, in che cosa consiste la svolta cinese?

Ecco un esempio significativo. Subito prima dell’inizio della Cop28, Pechino ha chiesto un incontro virtuale tra la delegazione cinese, guidata da Jinfeng Ma, e quella della Santa Sade. Nell’occasione, oltre a presentare i progetti di cattura e stoccaggio della CO2 a ShangXi e gli indirizzi sul clima del quattordicesimo Piano quinquennale, i rappresentanti cinesi hanno ripreso i temi di “Laudate si’” e “Laudate Deum”. Ero presente alla riunione in qualità di esperta con Agostino Giovagnoli e sono rimasta molto colpita dal dialogo. Cina e Chiesa rappresentano 1,4 miliardi di persone ognuna nel mondo: circa 3 miliardi, più di un terzo della popolazione globale. Penso che l’incontro tra queste due visioni di solidarietà nei confronti dei Paesi più poveri e maggiormente colpiti dai disastri climatici rappresenti un importante motore di cambiamento. Come pure la visione di un multilateralismo essenziale, naturalmente mossa da diverse motivazioni.

Di quale tipo di solidarietà si fa promotrice Pechino?

Nei vertici internazionali climatici la Cina si auto-include in genere nel gruppo delle nazioni in via di sviluppo, con le quali chiede all’Occidente e agli Stati di vecchia industrializzazione di assumersi la responsabilità del riscaldamento globale. Nell’incontro con la Santa Sede e nella Cop28 invece, è apparsa pronta a fare la propria parte, assumendo una responsabilità diretta per sostenere i Paesi più poveri, particolarmente vulnerabili all’aumento delle temperature.

Come valuta i risultati della Cop28?

Una mezza vittoria dei petrolieri. Il documento finale dà enfasi ai procedimenti di cattura e stoccaggi della CO2, in modo da poter ritardare l’uscita dai combustibili fossili. La questione della finanza poi ha visto l’arretramento dei principi di solidarietà nei fondi stanziati. Le petro-potenze hanno fatto muro sotto la guida di Ahmed al-Jaber. Per questo, è importante che la Cina non si sia schierata con loro. I risultati sono troppo limitati rispetto all’urgenza di intervenire e alla gravità delle conseguenze climatiche ma anche economiche.

A che cosa si riferisce?

La rapidità del riscaldamento globale è sconcertante. L’estensione dei ghiacci dell’artico si è ridotta di due milioni di chilometri quadrati in venti anni anni, I costi monetari della crisi sono ormai insostenibili: quest’anno solo negli Usa ci sono stati 23 disastri ambientali costati più di un miliardo di dollari. Siamo ormai sull’orlo del punto di non ritorno dichiarato dagli scienziati, ovvero la soglia di equilibrio di +1,5 gradi rispetto ai valori pre-industriali. In questo contesto, non agire è una scelta quantomeno miope

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