giovedì 28 giugno 2018
Trattative difficili: l'Italia chiede solidarietà nel gestire gli arrivi già al momento dell'approdo. Merkel: senza accordo faremo una coalizione dei volenterosi
L'arrivo del presidente Conte a Bruxelles (Ansa)

L'arrivo del presidente Conte a Bruxelles (Ansa)

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È la notte dell’Europa. I 28 capi di Stato e di governo si incontrano a Bruxelles mettendo in palio il futuro stesso dell’Unione, sulla spinta del fenomeno migranti, additato da tutti come il problema numero uno della Ue dopo i duri anni della crisi economica. È infatti il Consiglio Europeo più difficile da quelli del biennio 2011/12.

E la sensazione è che sarà molto ostico un accordo nella lunga notte brussellese all’Europa Building, il palazzo dei vertici. L’Italia non agita la minaccia di veto, fatta trapelare alla vigilia, che resta però sospesa dietro le quinte. L'idea espressa da Conte è quella di bloccare il documento finale - che si occupa anche dei dossier economici - se non si approva insieme anche l'accordo sui migranti, con segnali concreti di solidarietà nei confronti dell'Italia.

Il professor Giuseppe Conte, il placido giurista al debutto al tavolo dei leader dopo l’antipasto dell’incontro a 16 di domenica, lo fa capire nelle parole pronunciate all’arrivo, prima delle 15: «Gli attestati di solidarietà non bastano più, l’Italia non ha bisogno di parole ma di fatti concreti. Oggi capiremo se davvero l’Europa vuole gestire in modo solidale le migrazioni. Compromessi al ribasso non li accetteremo». Fino al veto? «È una possibilità che non voglio considerare, ma da parte mia potremmo chiudere questo Consiglio senza conclusioni condivise». Intanto in serata fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che il premier Giuseppe Conte avrebbe concordato con il presidente francese Macron conclusioni direttamente ispirate agli obiettivi contenuti nella proposta italiana (European Multilevel Strategy for Migration) e ora si sta cercando di coinvolgere altri Paesi sui migranti.

La “linea rossa “ è chiara, e la delegazione italiana sembra quasi vantarsi di questa sicurezza: la risposta europea ha un senso solo se è a 360 gradi e parte da una nuova responsabilità condivisa già al momento degli sbarchi sulle coste di un Paese europeo. Non ha senso affrontare il singolo fenomeno, come i “movimenti secondari” (chi è entrato illegalmente in un Paese partendo da un diverso primo Stato di approdo) tanto a cuore alla Germania, dove Angela Merkel sta rischiando su questo punto una crisi di governo, pressata dagli alleati bavaresi della Csu. Insomma, o tutto il pacchetto o niente.

In attesa della cena, la parte del programma ufficialmente dedicata ai migranti, Conte entra subito nel vivo del dossier con un bilaterale di 30 minuti proprio con la cancelliera tedesca. Segue un faccia a faccia con Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo. Agli italiani (c’è anche Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri, al posto di Paolo Savona, Affari europei) arriva la richiesta di un bilaterale anche da Emmanuel Macron, rimandato perché incalza ormai la riunione collegiale.

In mattinata, parlando al Bundestag prima di partire per Bruxelles, la cancelliera Merkel aveva già affrontato il tema: «Non possiamo lasciare soli i Paesi in cui si verifica la maggior parte degli arrivi. Questo è il nodo centrale del regolamento di Dublino III».

Quindi Merkel ha aggiunto: «Fino a quando su tutto questo non ci sarà un consenso a 28 andremo avanti con una coalizione dei volonterosi. L’Europa ha molte sfide, ma la questione della migrazione potrebbe decidere il destino dell’Ue». Una coalizione fra chi c'è, anche a costo di lasciar fuori gli altri dagli accordi di Schengen sulla libera circolazione.

Intanto, però, dall’ultima versione della bozza sono spariti il finanziamento tanto «della seconda rata da tre miliardi» per i profughi in Turchia quanto del «Fondo fiduciario per l’Africa», tema, quest’ultimo, chiesto dall’Italia. Ulteriore segno che la situazione non volge al meglio. A Donald Tusk, presidente polacco del Consiglio Europeo, non resta che ripetere: «È un vertice difficile. Senza accordo vedrete cose davvero dure».

Rispetto alla durezza iniziale, comunque, si è iniziato a lavorare su dei possibili punti di incontro. L'Italia, al limite, sarebbe anche disposta ad accettare centri di protezione sul suo territorio, ma con una formula più ampia, che coinvolga anche altri partner. Si tratterebbe di centri "su base volontaria": in sostanza se li accettano anche altri Paesi (vedi Francia, Spagna e Grecia) si unirebbe anche l'Italia, in caso contrario resterebbe fuori. Mentre sui movimenti secondari (sui quali la Merkel si gioca il governo) l'Italia potrebbe allentare le maglie solo di fronte a passi concreti verso il "modello Lifeline".

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