martedì 8 dicembre 2009
Suora e sacerdote uccisi in Congo, anziano missionario colpito in Sudafrica. Gli episodi di violenza sembrerebbero legati ad atti di criminalità o guerriglia. Il sacrificio di chi sta a fianco della gente che soffre si unisce al destino delle migliaia di fedeli che in molte parti del Pianeta subiscono prevaricazioni I fronti più caldi nel Nord iracheno, in India e Pakistan.
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Africa, continente di dolore e di missione. Dunque, terra di dono e anche di sacrificio estremo. Più di tutto quando il sacrificio è provocato dalla mano di chi non ha nulla, raccolta in una periferia disastrata di qualche baraccopoli, per essere riempita di sollievo e speranza, e che invece si rivela essere quella di una disperazione che diventa assassina. È una vita al servizio dei poveri, lo sappiamo, quella offerta da missionari, religiosi o suore che affrontano il fragore di una grande megalopoli o il lontano silenzio di una immensa foresta, una vita che non possiede alcuna ricchezza se non quella della solidarietà. E allora diventa ancora più amaro il sapore della notizia, quando si apprende che chi ha tolto la vita con un colpo d’arma da fuoco sparato a bruciapelo, lo ha fatto per poi fuggire via con «cose senza valore». Ed è un bollettino di guerra quello che ci giunge dall’Africa, dove tre religiosi hanno trovato la morte per motivi futili, se così si può dire, legati quasi esclusivamente a rapine finite nel sangue.È accaduto nella tribolata Repubblica democratica del Congo, lo si è saputo solo ieri, quando il sacerdote Daniel Cizimya, 51 anni, nella notte tra sabato e domenica è stato ucciso da sconosciuti che gli hanno sottratto «pochi oggetti senza particolare valore». Gli assassini si sono introdotti nel presbitero della parrocchia di Kabare, tribolata regione del Sud-Kivu, una ventina di chilometri a nord di Bukavu. Non è il primo e non è neppure stato l’ultimo atto di violenza sanguinosa contro il clero locale: «Nonostante violenza e intimidazioni – ha scritto in un messaggio monsignor Pierre Bulambo Lunanga, vicario generale di Bukavu – dobbiamo avere coraggio». Sempre nella zona di Bukavu, in territorio di Murhesa, una suora congolese è stata uccisa la sera della vigilia dell’Immacolata. Suor Denise dell’Abbazia di Clarté de Dieu si trovava all’accoglienza quando uno o più sconosciuti le hanno sparato. Il luogo si trova in un posto isolato nella foresta e non si è potuto apprendere altro.Il giorno precedente migliaia di chilometri più a sud in Sudafrica, a Pretoria, è stato ucciso padre Louis Blondel, 70 anni, appartenente alla congregazione dei Missionari d’Africa. Il fatto di sangue è accaduto nel presbitero della parrocchia di Diepsloot, tra Johannesburg e Pretoria. Secondo una prima ricostruzione, tre giovani sono entrati nella casa del missionario e dopo essersi impossessati di due computer, entrati in una seconda camera hanno incontrato l’anziano missionario e gli hanno sparato immediatamente, uccidendolo. Padre Blondel «per anni ha compiuto sforzi straordinari a favore dei più poveri – è il ricordo commosso del superiore generale dei Missionari d’Africa a Roma, padre Gérard Chabanon –. Era un uomo alto e forte, può essere che i giovani aggressori siano stati sorpresi e spaventati quando lui ha aperto la porta». Padre Louis Blondel lo chiamavano «Louis il costruttore»: chi lo conosceva dice che era un missionario coraggioso, dall’intelligenza creativa e dalle straordinarie capacità. Quelle stesse doti di tanti confratelli e suore che ogni giorno sfidando le ferite del continente nero sono esposti agli stessi rischi.
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