venerdì 13 agosto 2010
Prima condanna dell'era Obama: il sudanese, che ha ammesso di aver lavorato per il capo di al-Qaeda, ha collaborato in cambio di misure più blande. Ora alla sbarra il "baby terrorista".
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Aveva detto che avrebbe chiuso il carcere di Guantanamo entro un anno dalla sua elezione. E che i sospetti terroristi sarebbero stati giudicati da tribunali civili. Dopo due anni e vari dietro front, Barack Obama ha ancora una difficile eredità da gestire riguardo alla prigione bunker e ai suoi reclusi. Un fardello che frena le promesse “liberal” del presidente. Non solo la controversa struttura è ancora operativa ma i processi ai presunti jihadisti si svolgono con (quasi) le stesse modalità dell’era Bush. Il caso del “cuoco” di Benladen, ovvero Ibrahim al-Qosi, l’ha dimostrato. L’uomo, un sudanese di 50 anni, dal 1996 al servizio del capo di al-Qaeda come “tuttofare”, è stato condannato, ieri, a 14 anni di carcere. Da una corte militare, proprio come ai tempi non lontani di George W. Bush. Certo, da ottobre 2009, quando Obama ha siglato il “National Defense Authorization Act”, gli imputati hanno maggiori garanzie: devono assistere alle udienze, hanno più margini nella scelta del legale e non possono essere usate loro deposizioni estorte con la tortura. La sostanza del procedimento, però, è sembra quasi invariata. Anche se questo si potrà dire solo quando si concluderà il primo processo iniziato durante la presidenza di Obama: quello a Omar Khadr, il “terrorista bambino”. Aveva 14 anni, infatti, quando nel 2002, a Khost lanciò una granata contro un soldato Usa. Per l’accusa, Khadr è un killer di al-Qaeda. La difesa lo dipinge come un «ragazzino plagiato». Il dibattimento è appena iniziato ma sono già sorte polemiche. Prima fra tutte, la scelta di ammettere come valida la testimonianza di Omar, estorta, secondo il suo avvocato, «sotto tortura».  Anche la condanna del “cuoco” Qosi fa discutere. L’ex uomo di fiducia di Benladen – nonché colui che l’ha aiutato a fuggire dall’Afghanistan prima dell’arrivo dei soldati Usa – ha accettato di “collaborare” e di dichiararsi colpevole in cambio di un accordo. Che prevedeva la possibilità di scontare la sentenza nel “Camp 4”, meno duro del resto dei padiglioni del carcere, insieme agli altri detenuti. La regola prevede, però, che i terroristi condannati non possano stare insieme a quelli – la maggior parte – in attesa di sentenza. Qosi è il quarto giudicato di Guantanamo. Solo un altro – Ali Hamza al-Bahlul – si trova, però, ancora nella base cubana. Gli altri due stanno scontando la pena in prigioni dei loro Paesi d’origine: Australia e Yemen. Al-Bahlul è rimasto finora in isolamento. Ma lui si era rifiutato di cooperare. Ad al-Qosi, invece, era stato promesso un trattamento più blando. Anche se, secondo quanto emerge da fonti Usa, in modo non vincolante. Le autorità hanno sessanta giorni per decidere la sua sistemazione. Secondo il giudice Nancy Paul, quello dell’ubicazione dei prigionieri di Guantanamo dopo la sentenza è un problema vecchio. Già due anni fa era chiesto di costruire nuove strutture dove alloggiarli. I lavori, però, non sono mai cominciati. È anche possibile, infine, che Qosi sconti molto meno dei 14 anni che gli sono stati inflitti. Il sudanese si trova nel carcere dal 2001. «Quasi» sufficienti in base all’accordo, secondo indiscrezioni, anche se la durata effettiva della pena è segreta.
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