giovedì 7 luglio 2022
Lettera dei fratelli Francesca e Giovanni al premier Draghi e ai presidenti Fico e Casellati: «Coinvolgere tutto il Parlamento è l’ultimo strumento che potrebbe permettere di arrivare alla verità»
Padre Paolo Dall'Oglio, rapito a Raqqa, in Siria, il 29 luglio 2013

Padre Paolo Dall'Oglio, rapito a Raqqa, in Siria, il 29 luglio 2013

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A quasi nove anni dalla sparizione in Siria di Paolo Dall’Oglio, i fratelli Francesca e Giovanni Dall’Oglio hanno presentato una richiesta ufficiale per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla sorte del religioso. «La richiesta di chiarimenti ufficiali e di indagini è, a parere dei sottoscritti, ormai ineludibile: sono trascorsi quasi nove anni dal lontano 29 luglio 2013 e da allora non sono mai state date a noi famigliari notizie su quanto è accaduto a nostro fratello», hanno scritto in un documento inviato al presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, al presidente della Camera, Roberto Fico, al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, alla presidente della Commissione Esteri del Senato, Stefania Craxi, al presidente del Copasir, Adolfo Urso. «Noi riteniamo che l’istituzione di una Commissione parlamentare che coinvolge tutto il Parlamento e che, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, sia l’ultimo strumento che, anche per la sua rilevanza politica, potrebbe permettere di arrivare alla verità», afferma il comunicato.
«Abbiamo fiducia nelle istituzioni, nella possibilità concreta di arrivare alla verità su cosa sia accaduto a nostro fratello, anche ascoltando attori internazionali coinvolti nella vicenda, tra cui le autorità turche e il governo di Bashar al Assad», afferma Francesca Dall’Oglio. «In tutti questi anni sono state date diverse versioni, ma nessuna è stata confermata, né che Paolo sia stato ucciso dall’Isis, né che sia stato visto ancora vivo a Baghouz, né che sia stato portato nelle prigioni del regime siriano», aggiunge Dall’Oglio. «Riteniamo che questa inchiesta possa essere uno strumento valido. Abbiamo urgenza di ottenere una verità. Proprio per questo, io e mio fratello Giovanni ci siamo iscritti al Syrian justice and accountability Center, un’organizzazione per i diritti umani che lavora per la giustizia e la pace. Vogliamo percorrere ogni strada utile al raggiungimento della verità», conclude la sorella di “abuna”, «nostro padre», come i siriani chiamano padre Paolo.

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