venerdì 8 settembre 2023
Nel documento che riassume la situazione in vista della Cop28 a Dubai, uno dei grandi produttori di greggio, le Nazioni Unite sono categoriche: necessario un drastico cambio di rotta
La Cop28 comincerà a Dubai il 30 novembre

La Cop28 comincerà a Dubai il 30 novembre - Ansa

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La soluzione non è nuova. Per arginare il riscaldamento globale è indispensabile «eliminare gradualmente le fonti fossili». A conferire a queste parole una forza inedita è il contesto singolare: il “bilancio globale” è il documento da cui partiranno le discussioni nella nuova Conferenza Onu sul clima (Cop28) che, dal 30 novembre al 12 dicembre, si svolgerà a Dubai, uno dei grandi petro-Stati. Non solo. A guidare i negoziati sarà Saltan al-Jaber, a capo della maggiore azienda per le rinnovabili ma anche vertice della Adnoc, la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi. Non a caso, durante la presentazione delle 47 pagine di rapporto, quest’ultimo ha citato di sfuggita i combustibili fossili, pur chiedendo agli Stati di triplicare la produzione di energie alternative entro il 2030. Atteso la settimana prossima, il bilancio è stato pubblicato in tutta fretta alla vigilia del G20. I Grandi sono responsabili dell’80 per cento delle emissioni, il loro impegno è, dunque, fondamentale per evitare la catastrofe climatica. Un fenomeno già in atto, come hanno confermato gli ultimi mesi di eventi estremi in tutto il pianeta, Italia inclusa. A otto anni dall’accordo di Parigi, lo studio, frutto di due anni di lavoro con governi e organizzazioni della società civile, fotografa, sintentizzandoli in 17 punti chiave, gli sforzi fatti da allora per tenere la temperatura mondiale al di sotto della soglia critica di 1,5 gradi.
Il risultato è ambivalente. È indubbio che alcuni passi avanti siano stati fatti. Non è, però, abbastatanza. «Ci vuole maggiore ambizione», ha detto Simon Stiell, massimo funzionario delle Nazioni Unite sul clima. Ani Dasgupta, del prestigioso think tank World resources institute ha addirittura parlato di «pagella disastrosa». Di questo passo, a meno di un drastico taglio del 43 per cento, nel 2030, le nazioni emetteranno circa 22 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in più. Il che implicherebbe un incremento della temperatura globale di 2,5 gradi entro la fine del secolo. Già ora siamo a + 1,2 gradi rispetto all’era pre-industriale. «È l’ora della verità: se i governi vogliono dimostrarsi seri devono presentarsi alla Cop con impegni più coraggiosi. Altrimenti non ci resterà che prendere atto del fallimento», ha spiegato Laurence Tubiana, architetta dell’intesa di Parigi, adesso a capo della European climate foundation. La strada per arrivare a soluzioni coraggiose, tuttavia, è in salita. Come nei precedenti summit d Glasgow e Sharm el-Sheikh, la principale pietra d’inciampo restano proprio i combustibili fossili. Le posizioni divergono. Ue e Usa, pur nelle loro contraddizioni, sono per il progressivo disinvestimento. I grandi produttori, a partire dagli Emirati, puntano, invece, sui sistemi di assorbimento delle sostanze inquinanti generate dall’impiego di petrolio e gas. Metodo, però, ritenuto insufficiente da ambientalisti e alcuni scienziati. Le potenze emergenti, quali India e Cina, chiedono esenzioni data la minore responsabilità storica nella crisi. Nel frattempo, risuona con sempre maggior vigore il grido del Sud del pianeta, il più colpito dall’emergenza e il più indifeso di fronte ai suoi effetti in termini di distruzione di vite ed economie. I cento miliardi l’anno promessi nel 2015 per aiutarli nell’adattamento non sono ancora stati raggiunti. E, come si legge nel rapporto, sono necessari trilioni di dollari per interventi davvero efficaci. Oltre che per risarcire i danni già subiti da milioni di esseri umani dei punti più esposti della terra. Cifre enormi sulla carta. Eppure, come la scienza afferma, la tecnologia e gli strumenti finanziari per realizzare la transizione ecologica esistono.
La questione è la volontà politica restia a una radicale quando necessaria trasformazione del sistema
. «Siamo ancora in tempo – ha concluso il segretario generale António Guterres –. Ma la finestra di opportunità si sta chiudendo». Proprio per sensibilizzare il mondo sulla crisi climatica, Abu Dhabi ospiterà il 6 e 7 novembre, un vertice dei leader delle differenti religioni organizzato dalla Cop28, le Nazioni Unite e la Chiesa cattolica,

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