sabato 31 ottobre 2009
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Un accordo di compromesso sul clima, un sospiro di sollievo sulla volata finale che porta al Trattato di Lisbona e un’intesa sugli oneri da condividere nel far fronte al problema dell’immigrazione. Si chiude così, con indiscutibile successo, un vertice dei capi di Stato e di governo che sembrava aver tutte le caratteristiche per fallire. Così i Ventisette, sferzati dalla presidenza svedese e costretti a protrarre le trattative ben oltre la tabella di marcia, hanno stabilito che la Ue negozierà alla conferenza sul clima di Copenaghen un pacchetto di aiuti internazionali ai Paesi più poveri di 100 miliardi di euro l’anno tra il 2013 e il 2020; la ripartizione interna delle singole quote – questa era la vera natura del contendere – non è stata ancora definita, ma nella sostanza le nazioni ricche pagheranno di più di quelle meno ricche, clausola chiesta con forza e alla fine ottenuta dal blocco dei nove Paesi dell’ex blocco sovietico capeggiati dalla Polonia, di fronte ai quali la stessa Angela Merkel ha dovuto capitolare. «L’accordo di oggi – ha detto il premier svedese Fredrik Reinfdelt – ci consente di andare dai nostri partner e dire che noi europei abbiamo fatto il nostro lavoro e siamo pronti a fare la nostra parte. Anche se non abbiamo certo firmato un assegno in bianco, perché ora bisognerà negoziare con gli Usa, il Giappone, il Canada e l’Australia».Positiva anche la soluzione trovata dai Ventisette per far fronte alla pressione dell’immigrazione nel Mediterraneo, dopo che il premier Berlusconi e il presidente francese Sarkozy, in una lettera congiunta, avevano chiesto solidarietà concreta ai loro partner europei: «La risposta della Ue – recita il documento finale – dovrà essere determinata, solidale e condivisa sul piano delle responsabilità». Sembra una frase di circostanza, ma non lo è: usualmente riottosi ad occuparsi del fronte sud, i Paesi nordici della Ue hanno sempre evitato di affrontare direttamente il problema, salvo poi lagnarsi ed accusare quelli maggiormente esposti ai flussi migratori, come l’Italia, la Spagna e la Grecia. Questa volta invece, su richiesta dell’Italia, si fissano nelle conclusioni alcuni punti essenziali come la realizzazione di un regime comune per il riconoscimento del diritto d’asilo in Europa, la solidarietà con i Paesi che subiscono pressioni particolari e il rafforzamento delle capacità di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, oltre alla richiesta di un rafforzamento del dialogo con la Libia, accordi di riammissione al fine di contrastare l’immigrazione clandestina, procedure operative chiare sulla partecipazione ad operazioni congiunte in mare, la possibilità di voli regolari comuni gestiti dalla stessa Frontex per il rimpatrio degli immigrati irregolari. Da non sottovalutare, infine, l’accoglimento della proposta italiana di creare un’agenzia europea per l’Asilo, che sarà attiva entro la fine di dicembre. Ci si incammina così, dopo il superamento delle resistente del ceco Klaus avvenuto nel corso della cena di giovedì, verso l’adozione del Trattato di Lisbona, atto conclusivo di quel rimodellamento istituzionale dell’Europa dopo due falliti tentativi di darsi una carta costituzionale e una serie di ratifiche mancate. Tramontata la candidatura di Tony Blair – fiocinato dai socialisti stessi e sostenuto dal solo Gordon Brown – si profila ora la grande battaglia per assicurare alla nuova Europa una figura in grado di rappresentarla con autorevolezza e competenza per due anni e mezzo, estensibili a cinque. Si fanno i nomi dell’olandese Balkenende e dell’austriaco Schuessel, ma i giochi in realtà sono totalmente aperti.
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