giovedì 17 dicembre 2015
​Chiude l’ultima miniera di carbone dl Regno Unito e ormai anche i ricordi di Margaret Thatcher (borsette comprese), la donna che piegò lo sciopero dei minatori inglesi, se ne sono andati con un’asta milionaria. Fabio Carminati
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Chiude l’ultima miniera di carbone dl Regno Unito e ormai anche i ricordi di Margaret Thatcher, la donna che piegò lo sciopero dei minatori inglesi, se ne sono andati con un’asta milionaria. Non c’è dubbio che le suggestioni vi siano tutte, come del resto la certezza che l’era del carbone (al centro anche delle conclusioni e promesse della Cop21 sul clima di Parigi) sia giunta al termine.  Così, proprio in questi giorni ha chiuso i battenti l'ultima miniera di carbone della Gran Bretagna, quella di Kellingley nel Nord Yorkshire. La sua chiusura significa non solo una grave perdita per centinaia di minatori, che da generazioni lavorano metri e metri sottoterra, ma una svolta epocale e una virata verso altri tipi di risorse, di energie “green”, con il carbone che ormai non rappresenta più una fonte di guadagno. Addio, quindi, alla passata epopea industriale che portò grandi ricchezze, specialmente all'Inghilterra, considerata un tempo tra i più grandi bacini carboniferi europei. Molti però, soprattutto in questa cittadina di minatori, non se ne fanno una ragione. "Mio padre era minatore, e qui la maggior parte delle persone hanno padri che hanno fatto i minatori – ha raccontato Tony, minatore da 35 anni - è nella nostra cultura. La chiusura per noi è quasi una vergogna". L'Unione nazionale dei minatori accusa il governo di non aver difeso il settore, di aver messo troppe tasse sul carbone, aver favorito le importazioni dall'estero e aver spinto troppo per altri tipi di energie. Per Keith Poulson, del sindacato nazionale dei minatori, “è scandaloso pensare che abbiamo voltato le spalle alle miniere, a un'industria in cui lavora personale così qualificato e che può dare molti profitti”. Ma la lotta del governo con i minatori, a causa dei prezzi troppo bassi del carbone rispetto a quelli di estrazione, risale ai tempi di Margaret Thatcher che decise di dismettere le miniere a metà degli anni '80. E qui il cerchio si chiude perché, ironia della sorte, le vestigia della Lady di ferro sono andate all’asta proprio in questi giorni. Testimoniando però che la “'Thatcher-mania” è più viva che mai. Ha avuto infatti un incasso record, oltre i 3 milioni di sterline (più di 4 milioni di euro) l'asta di vestiti, accessori e oggetti personali di Margaret Thatcher, inclusa la sua inconfondibile collezione di borsette. Secondo le previsioni di Christie’s, casa che ha messo all'incanto i cimeli della Lady di Ferro a Londra, la vendita con compratori da tutto il mondo avrebbe dovuto fruttare al massimo mezzo milione di sterline.
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