sabato 23 marzo 2024
Una scheda per capire che cosa è accaduto a Mosca e perché la rivendicazione da parte dell'Isis non è affatto una buona notizia. Ecco come l'attentato potrebbe influire sullo scenario internazionale
Il post con cui l'Isis ha rivendicato l'attentato al Crocus City Hall di Mosca

Il post con cui l'Isis ha rivendicato l'attentato al Crocus City Hall di Mosca - Ansa

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Alle 23.50 di venerdì sera, tre ore dopo l'inizio dell'attacco terroristico al Crocus City hall di Mosca che ha lasciato a terra decine di cadaveri, i canali Telegram vicini ai servizi di sicurezza russi hanno diffuso una prima foto dell'automobile bianca usata dagli attentatori per fuggire. Un'immagine molto chiara: dentro due uomini, uno con un cappellino, corporatura robusta, un accenno di barba e lo sguardo rivolto verso il basso. L'altro al volante, meno riconoscibile. Poche ore ancora e gli stessi canali Telegram Baza e Mash hanno postato video e foto dei primi brutali interrogatori sommari. Circostanze rese pubbliche sui social ma su cui non c'è stata alcuna conferma ufficiale della autorità russe.

Chi sono i terroristi?

Notizie ufficiali arrivano poco dopo le 9 del mattino, ora italiana, quando le agenzie di stampa statali della Federazione hanno diffuso la notizia che per la strage nella sala concerti sono state arrestate undici persone, tra cui quattro presunti terroristi. Tutti provenienti dal Tagikistan, secondo gli investigatori russi. Nessuno con nazionalità tagika, secondo il ministero degli Esteri di Dushanbe, che ha definito false le notizie del coinvolgimento di suoi cittadini nell'attacco terroristico.

Perché l'attentato?

Ecco alcuni passaggi degli interrogatori, non proprio formali, degli agenti russi: «Che cosa ci facevi al Crocus?» chiede un uomo delle unità speciali a uno dei presunti attentatori, tenendolo per i capelli fermo a terra, faccia in giù, mentre lo registra con uno smartphone. «Ho sparato» risponde. «A chi hai sparato?» lo sollecita l'agente. «Alle persone» dice l'interrogato. «Perché l'hai fatto?» lo incalza. «Per soldi» confessa lui a voce bassa. Nel video pubblicato da Baza e rilanciato dal canale Telegram della direttrice della televisione Russia Today, Margarita Simonyan, l'arrestato dichiara di avere 26 anni, di aver accettato di partecipare all'attacco dopo avere ascoltato un mese fa le lezioni di un predicatore, di essere stato reclutato da un aiutante che gli ha offerto 500mila rubli (circa 5.000 euro). Di cui 250.000 già pagati in anticipo. Da lui nessun riferimento a eventuali contatti ucraini per la fuga dopo l'assalto.

Le immagini dell'uomo, sottomesso, spaventato a morte, non possono che turbare. Ma ancor di più il filmato di un altro degli arrestati che dapprima i canali Telegram russi fanno vedere con la testa e la faccia fasciate, ricoperto di sangue, tumefatto: lo stesso uomo che in un video pubblicato successivamente su X dal gruppo indipendente bielorusso Nexta e dal media russo Meduza viene mostrato mentre, tenuto fermo a terra in un luogo che sembra un bosco, viene torturato. Altre immagini shock fanno vedere un ragazzo, «di 19 anni, originario di Dushanbe in Tagikistan», secondo i canali Telegram russi, con una ferita molto evidente all'occhio sinistro, supino e a terra, apparentemente privo di sensi.

Chi ha rivendicato l'attacco?

Mentre Mosca insiste nel puntare il dito contro Kiev, l'Isis continua ad attribuirsi la responsabilità della strage al Crocus City Hall di Mosca, indicando che sono suoi i quattro terroristi che hanno sparato nella sala da concerto e pubblicandone anche le foto. Una rivendicazione che trova riscontro dagli Stati Uniti, che affermano di aver avvertito la Russia a inizio mese del rischio di attacchi da parte dell'Isis-K, il ramo afghano dello Stato islamico, mentre fonti di intelligence hanno riferito di aver ricevuto segnali di possibili attacchi «già da novembre». Conosciuto anche come Stato islamico del Khorasan (Iskp), il gruppo è attivo già dal 2014, formatosi da membri di gruppi militanti, compresi quelli del Pakistan e dell'Uzbekistan.

L'organizzazione è attiva in Asia centrale: il nome Khorasan si traduce in “la terra del sole” e si riferisce a una regione storica che comprende parti dell'Afghanistan, del Pakistan e anche dell'Iran, dove a gennaio il gruppo ha effettuato due attentati che hanno ucciso quasi 100 persone. Una dimostrazione di forza, brutalità e di inclinazione ad azioni spettacolari. L'Isis-K si pone come obiettivo la fondazione di un nuovo califfato che riunisca Afghanistan, Pakistan, Iran, ma non solo: nella loro visione rientrano infatti alcune ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l'Uzbekistan.

Come è possibile che il Cremlino non fosse preparato?

Lo scorso 7 marzo l'ambasciata americana a Mosca aveva messo in guardia i propri cittadini per possibili attentati terroristici nelle 48 ore successive, specie ad eventi affollati come concerti musicali. L'allarme era stato lanciato dopo che, il giorno prima, i servizi di sicurezza interni (Fsb) avevano detto di aver sventato un attacco con armi da fuoco contro i fedeli di una sinagoga nella capitale. L'intelligence russa ha confermato di aver ricevuto le informazioni, ma «erano di natura generale e non contenevano dettagli specifici» scrive l'agenzia Tass.

Perché la ricomparsa dell'Isis non è una buona notizia?

Qualche osservatore ha tirato un sospiro di sollievo alla notizia della rivendicazione dell'Isis. Meglio il ritorno dello Stato islamico - è questo il ragionamento - che un coinvolgimento dell'Ucraina (come si era adombrato a Mosca) che avrebbe significato una svolta sanguinosa e terribile nel già durissimo conflitto ucraino. Il ritorno dei macellai dello Stato islamico invece aggiunge un elemento di preoccupazione significativo: è l'apertura di un quarto fronte che si aggiunge a quello ucraino, a quello di Gaza e a quello del Mar Rosso nel gran caos globale. Questo senza considerare le varie tensioni sparse per il mondo, a cominciare da quella su Taiwan.

Che peso ha la strage sulla situazione internazionale?

«Tutti coloro che sono dietro a questo atto terroristico la pagheranno». L'avvertimento di Vladimir Putin nel suo discorso alla nazione dopo la strage al Crocus City Hall, unito ai vaghi accenni a una possibile responsabilità di Kiev, potrebbero far pensare ad un ulteriore inasprimento degli attacchi sull'Ucraina, o addirittura a raid contro la dirigenza del Paese, come ha suggerito ieri l'ex presidente Dmitry Medvedev. Ma la preoccupazione maggiore del capo del Cremlino è oggi quella di prevenire il panico ed evitare spaccature in un Paese multietnico e multiconfessionale, dove i musulmani rappresentano una cospicua minoranza e il jihadismo di stampo islamico ha già portato una seria minaccia alla tenuta dello Stato dopo lo scioglimento dell'Urss. Nonostante gli accenni ad un ruolo ucraino in quanto avvenuto, rimane pur sempre la rivendicazione dell'Isis. Di qui l'appello di Putin alla comunità internazionale per unirsi a Mosca nella lotta al terrorismo, che «non ha nazionalità. Contiamo sull'interazione con tutti i Paesi che condividono sinceramente il nostro dolore e sono pronti a condividere gli sforzi per combattere il nemico comune» ha aggiunto il presidente.

L'appello appare stonato mentre la Russia e l'Occidente sono contrapposti nella guerra in Ucraina. Sono molto lontani i tempi della cooperazione Russia-Usa dei primi anni della presidenza di Putin, che aveva instaurato un rapporto di stima reciproca con l'omologo americano George W. Bush. Il capo del Cremlino fu il primo leader internazionale a telefonare all'inquilino della Casa Bianca dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001 per offrirgli la piena collaborazione di Mosca nella lotta al terrorismo islamico, che aveva già preso di mira la Russia con attentati sanguinosi. Tanto che il mese successivo i russi cooperarono attivamente all'attacco americano contro i Talebani in Afghanistan. E proprio i presidenti di Paesi di questa regione, come Kazakhstan e Uzbekistan, hanno già telefonato a Putin per assicurare la loro collaborazione. In un Paese dalle tante etnie in cui i musulmani rappresentano, secondo alcune stime, un settimo della popolazione e sono concentrati nelle terre caucasiche di confine, il timore è che attentati come quello di venerdì possano essere diretti a provocare scontri interni di cui sarebbe difficile prevedere gli sviluppi.

Che ruolo ha l'Europa?

A non dover essere tranquilla, in questa fase, è la vecchia Europa, reduce da un vertice che ha prodotto molte idee e proposte ma pochi passi concreti. Invece la concretezza e la tempestività dovrebbero essere, adesso, le parole d'ordine dell'Ue. Il mondo sta cambiando molto velocemente e la costruzione di una vera e concreta politica estera e di una identità di difesa comuni devono essere la priorità strategica dei 27. Siamo già in ritardo e nessuno aspetterà i tempi lunghi dell'Unione europea. La difesa dei valori europei, della pace e della democrazia dipendono, ora, anche dalla capacità di decidere in tempi brevi e adeguati alla realtà dei nostri giorni.

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