sabato 29 gennaio 2011
Mezzi blindati hanno circondato piazza Tahrir, dove si sono radunate circa 50mila persone. La polizia ha sparato per disperdere un gruppo che tentava di entrare in Parlamento. Trenta corpi, tra cui quelli di due bambini, sono stati portati all'ospedale Damardash nella capitale. El Baradei parla a France 24: «Oggi tornerò in piazza, Mubarak deve andarsene». Intanto il capo dei servizi segreti viene nominato vicepresidente. Mentre i figli del presidente sono arrivati a Londra con le loro famiglie. Museo del Cairo saccheggiato: distrutte due mummie.
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L'Egitto sfida il coprifuoco, torna in piazza e costringe il regime a tentare la carta del governo in mano ai militari. La decisione con cui Hosni Mubarak ha destituito l'esecutivo non è bastata a spegnere la rivolta che da cinque giorni infiamma il Paese, non è bastato a spegnere la rabbia popolare che da questa mattina è tornata a esprimersi nelle strade e nelle piazze del Cairo, di Alessandria, Suez, Ismailia, Rafah: «Vattene, vattene», è stato lo slogan urlato per tutta la giornata all'indirizzo del rais che da trent'anni domina l'Egitto.Il governo si è dimesso in mattinata, ubbidendo all'ordine di Mubarak, che nel pomeriggio ha nominato alla vicepresidenza il generale Omar Suleiman, capo dei servizi segreti. È, questo, un duro colpo per i piani dello stesso presidente, che aveva preparato per il figlio Gamal la successione alla carica. La nomina di un vicepresidente è un inedito nella storia dell'Egitto contemporaneo. Potentissimo, Suleiman ha governato in questi anni dietro le quinte con il placet del presidente Hosni Mubarak. Alla carica di premier è stato nominato Ahmed Shafiq, ministro uscente dell'aviazione civile ed ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare, carica ricoperta dallo stesso Mubarak fino all'assassinio di Anwar Sadat nel 1981. Non è chiaro a quale strategia ubbidiscano le mosse di Mubarak, e addirittura se sia lo stesso rais a muovere le pedine e non in vertici delle forze armate, visto che i vertici dello Stato sembrano adesso nelle mani dei militari.Le prime ore al Cairo indicavano una calma apparente, quasi surreale. Poi, da poco passate le 8, migliaia di manifestanti hanno cominciato a convergere verso piazza Tahrir, da cinque giorni epicentro di quella che è stata ribattezzata la Rivoluzione del 25 gennaio. Nella piazza sono arrivati anche i carri armati. L'atmosfera è diventata immediatamente tesa, con gli agenti che sparavano gas lacrimogeni per respingere la folla che tentava di raggiungere il ministero dell'Interno. La protesta non si è diretta, però, contro i militari che affiancano la polizia nel presidiare le strade. Numerosi manifestanti hanno urlato, seguendo le indicazioni di una sorta di manuale della protesta diffuso nei giorni scorsi, «Siamo tutti egiziani» e «Pacifici, pacifici» e si sono fatti scattare fotografie davanti ai tank e hanno stretto le mani ai soldati.Scontri, invece, sono avvenuti a Ismailia, lungo il canale di Suez. Migliaia di lavoratori portuali hanno attaccato la polizia dopo che erano stati rimandati indietro al lavoro. Gli agenti hanno risposto con il lancio di gas lacrimogeni e sparando proiettili di gomma. Migliaia di manifestanti hanno ingaggiato battaglia con la polizia ad Alessandria d'Egitto. Gli agenti hanno usato gas lacrimogeni e hanno sparato. Una folla di manifestanti ha attaccato il quartier generale della sicurezza a Rafah, al confine con Israele. Tre poliziotti, hanno riferito testimoni, sono morti. Rafah è l'ultima città prima della Striscia di Gaza, e fonti palestinesi stimano un bilancio più pesante delle vittime degli scontri: una quindicina di morti.L'episodio violento più pesante è avvenuto al Cairo, dove la folla ha assaltato il ministero dell'Interno. La polizia ha sparato: tre morti tra i manifestanti. L'esercito egiziano, finora, è intervenuto raramente, solo in episodi come quello che ha visto la sventata irruzione di centinaia di persone nella sede della Banca centrale in un sobborgo della capitale. Approfittando del caos alcuni saccheggiatori erano entrati ieri sera nel Museo Egizio del Cairo dove hanno distrutto due mummie di faraoni, prima di essere respinti dalla polizia. Il governo egiziano ha esteso la durata del coprifuoco, che sarà in vigore dalle 16 (le 15 in Italia) alle 8 (le 7 in Italia) di domenica mattina.Il bilancio delle vittime dei cinque giorni di scontri è di oltre 100 morti. Fonti mediche hanno inoltre riferito che i feriti sono 1.030 solo al Cairo. Solo ieri i morti sarebbero stati una cinquantina tra  Alessandria (20) e il Cairo (30), dove, secondo fonti mediche, sono stati uccisi anche due bambini, di sette e quattro anni di età.Le reti di due gestori di telefonia mobile hanno ripreso a funzionare nella capitale, dopo il totale blackout di venerdì ordinato dal governo egiziano. Al Cairo continuano a essere sospesi tutti i servizi Internet. La famiglia del presidente, secondo al Jazira e i blog, sarebbe volata a Londra. Nella capitale britannica si troverebbero la first lady Suzanne, il secondogenito Gamal, il primogenito Alaa e le rispettive famiglie. Il canale televisivo di Stato ha smentito la notizia. A Tel Aviv, invece, sono rientrati i diplomatici israeliani e le loro famiglie. Il sistema di potere che Mubarak ha costruito fin dal 1981 sembra perdere i pezzi. Dal Partito nazionale democratico si è dimesso Ahmed Ezz, considerato una figura di spicco del regime corrotto, stretto collaboratore del rais ma soprattutto intimo amico del figlio Gamal. Al presidente egiziano è arrivato il sostegno di Riad, con una telefonata da re Abdullah, che ha condannato le "interferenze" esterne negli affari dell'Egitto, chiaro riferimento agli appelli alle riforme lanciati da Ue e Usa.Gli Stati Uniti, il principale alleato dell'Egitto, hanno intimato a Mubarak che non può limitarsi a rispondere alle proteste del popolo egiziano con «un rimpasto di governo» senza adottare le riforme necessarie. L'opposizione studia le proprie, di mosse, e chiede un governo di transizione. Il primo a parlare è stato Mohamed el Baradei, ex capo dell'Aiea e Nobel per la pace, rientrato in patria per guidare politicamente le proteste. Mubarak, ha detto, «deve andarsene». Per el Baradei, che ha smentito di essere agli arresti domiciliari, il rais «non ha compreso il messaggio del popolo egiziano e il suo discorso è stato del tutto deludente. Un insulto all'intelligenza della gente». L'ex diplomatico ha trovato il temo di fondere il proprio Partito per il cambiamento con l'antico e debole Wafd, un'operazione che, al di là della consistenza numerica dei due movimenti, potrebbe rafforzare le sue chance per l'ascesa alla presidenza. El Baradei ha chiesto un «un governo di transizione», e lo stesso hanno fatto i Fratelli Musulmani, movimento illegale, ma talmente radicato da essere semitollerato. L'opposizione chiede, ha sottolineato el Baradei, «nuove elezioni parlamentari e per l'Egitto comincerà una nuova era».
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