sabato 5 giugno 2021
Tre giorni di lutto nazionale. Gli aggressori, in azione al confine con il Niger, forse sono arrivati dal Mali. Il controverso ruolo delle milizie
È l’attacco più grave dal 2015

È l’attacco più grave dal 2015 - .

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«Piego il capo in ricordo delle centinaia di vittime civili di questo barbaro attacco ed invio le mie condoglianze alle loro famiglie. Le forze di sicurezza stanno lavorando per neutralizzare i responsabili di questa azione spregevole». Il presidente del Burkina Faso, Roch Kaboré, è rimasto scioccato dall’efferatezza dimostrata dai jihadisti che hanno colpito il villaggio di Solhan, nel nord-est del Paese vicino al confine con il Niger, «uccidendo almeno 100 civili».

Nel suo comunicato ha aggiunto che esortava i cittadini a «rimanere uniti contro le forze del male». Da ieri a mezzanotte sono iniziati tre giorni di lutto nazionale per quello che è considerato il più grave bilancio dell’offensiva jihadista da quando il Burkina Faso è imploso nel 2015. Sebbene l’attacco sia stato compiuto venerdì notte, le prime notizie hanno cominciato a trapelare solo ieri. «C’è stato un feroce combattimento tra un gruppo di jihadisti, non si sa quale con esattezza, e le milizie dei “Volontari per la difesa della Patria” – hanno raccontato diverse fonti –. I terroristi islamici, dopo aver attaccato la polizia e i miliziani, hanno cominciato a uccidere decine di civili».

Sono stati distrutti e bruciati anche mercati, edifici, e abitazioni. Si pensa che gli aggressori siano venuti dal Mali oltrepassando la frontiera con il Burkina Faso per tornare velocemente sui loro passi dopo i combattimenti. La situazione si è complicata nel nord del territorio burkinabé da quando il governo ha addestrato e rifornito varie milizie locali affinché iniziassero a difendersi da sole. Una decisione controversa, le organizzazioni per i diritti umani hanno infatti riscontrato numerosi massacri da parte dei miliziani soprattutto contro la comunità semi-nomade e in gran parte musulmana dei Fulani, i quali sono accusati di contribuire all’ondata jihadista nel Sahel.

Non lontano dalla regione di quest’ultimo attacco era stato rapito in Niger nel 2018 anche padre Gigi Maccalli, missionario della Società delle missioni africane (Sma), liberato lo scorso ottobre insieme al suo compagno di prigionia, Nicola Chiacchio.

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