martedì 22 febbraio 2011
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Tra prudenza e sdegno, di fronte alla sanguinosa repressione in Libia non è stato facile ai ministri degli Esteri dell’Ue mettersi d’accordo su una dichiarazione che condannasse il comportamento del regime di Tripoli senza perdere la faccia, ma anche senza interrompere i ponti con Tripoli. E rischiare di peggiorare ancora la situazione anche dal punto di vista dell’esodo di emigranti che Tripoli minaccia di non più ostacolare. Alla fine, il Consiglio dei ministri degli Esteri ha condannato l’uccisione di decine di dimostranti anti-regime governativi in Libia ma senza prospettare – almeno per ora – sanzioni economiche o di altro tipo. I Ventisette dichiarano che «condannano la repressione in corso contro i manifestanti in Libia, deplorano la violenza e la morte di civili», chiedono «la fine immediata dell’uso della forza» e ricordano che «la libertà di espressione e il diritto di riunirsi pacificamente sono diritti fondamentali di ogni essere umano e devono essere rispettati e protetti». I ministri chiedono poi che «alle legittime aspirazioni ed alle richieste del popolo per le riforme si risponda con un dialogo guidato dai libici, dialogo aperto, inclusivo, significativo e nazionale, che porti ad un futuro costruttivo per il Paese e per il popolo». «Noi incoraggiamo fortemente tutte le parti in questa direzione», si legge ancora nel documento che invita «tutte le parti a mostrare moderazione». Il ministro degli Esteri finlandese Alexander Stubb, spalleggiato dai colleghi di Svezia e Danimarca, avrebbe invece voluto una dichiarazione che in caso di mancato arresto della repressione minacciasse sanzioni come il blocco dei beni all’estero contro Muhammar Gheddafi personalmente, la sua famiglia e alti funzionari del governo. «Come possiamo da un lato vedere quel che succede in Libia, con quasi 300 persone uccise, e poi non parlare di sanzioni o divieti di viaggio per esempio per Gheddafi», ha detto Stubb, e ha osservato che «non è certo compito dell’Ue cambiare il leader in Libia ma la leadership di Tripoli dovrebbe ascoltare la popolazione e, ad essere onesti, ascoltare la gente non significa usare le armi automatiche». Senza arrivare all’analisi del ministro della Repubblica Ceca Karel Schvarzenberg, per cui la caduta di Gheddafi «sarebbe una catastrofe», la maggioranza dei ministri ha però ritenuto prematuro e con tutta probabilità anche controproducente parlare ora di sanzioni. Tantopiù considerando la minacca di Gheddafi di lasciare libero corso a nuove ondate di migranti sospendendo l’applicazione degli accordi di cooperazione – in primo luogo con l’Italia – per frenare il fenomeno. A Bruxelles il ministro degli Esteri Franco Frattini ha sottolineato che l’Europa ha buoni motivi per temere quella minaccia e ha proposto di mobilitare fondi europei in una sorta di “Piano Marshall” per aiutare i Paesi nord-africani e del Medio Oriente, mostrando di «appoggiare una riconciliazione pacifica» e senza dare l’impressione di voler «esportare la nostra democrazia».
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