giovedì 22 maggio 2014
La testimonianza di un operatore della Caritas: un enorme ammasso di rifiuti, carcasse e acque fognarie che marcisce sotto il sole. L'impegno della Caritas: come contribuire.
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"Da tre giorni ormai non piove, anzi al contrario è arrivato un tempo quasi estivo: sole e temperature sui 25-28 gradi. Questo se da un lato velocizza il processo di ritiro delle acque, dall'altro sta creando enormi preoccupazioni igienico-sanitarie". Lo afferma Daniele Bombardi, operatore di Caritas Italiana inviato in Bosnia Erzegovina, che insieme ai colleghi Carlo Bernardis e Angela Cesaroni segue l'evolversi dell'emergenza provocata nelle regione dall'alluvione dei giorni scorsi."Succede infatti – racconta Bombardi - che le persone stiano ritornando nelle loro case dopo che la piena è passata: quello che trovano ai piani terra e nei seminterrati è un ammasso di rifiuti, mobilio, elettrodomestici travolti dal fango. Così, come prima azione, tutti gettano questo ammasso di cose fuori di casa, per poter iniziare almeno un po’ a ripulire e disinfettare l’interno delle proprie case. Gettano però tutto in mezzo alla strada, dove altro fango e altri rifiuti si sono nel frattempo accumulati. Nessuno al momento è in grado di raccogliere e portare via tutto perché il sistema di raccolta dei rifiuti non è ancora stato riattivato. Nelle città più colpite, inoltre, a questo si aggiungono le carcasse degli animali annegati durante l’alluvione e i reflui del sistema fognario che è debordato anch’esso. Il risultato è un enorme ammasso di rifiuti, carcasse e acque fognarie che marcisce sotto il sole, provocando odori irrespirabili e grossi rischi sanitari di malattie, infezioni, epidemie».Si stima che la zona colpita sia grande quasi quanto l'intera pianura padana. E' come se da Torino a Venezia tutto fosse finito sotto 2 metri di acqua. Sale purtroppo di giorno in giorno il numero delle vittime e delle persone sfollate. Il governo serbo oggi ha comunicato che le vittime finora accertate in Serbia sono 22 e le persone sfollate sono al momento 31.873. In Bosnia Erzegovina non ci sono ancora cifre ufficiali, si sa che le vittime sono circa 25, e le autorità parlano di 950.000 persone costrette a lasciare le proprie case. Ettari di raccolto sono andati perduti, le frane ostruiscono ancora parecchie strade, a causa del crollo di ponti alcune vie di comunicazione sono interrotte. Mercoledì è stata proclamata una giornata di lutto nazionale in Bosnia Erzegovina, e 3 giorni in Serbia. La gente sta dimostrando una grande capacità di reazione.«Sono numerosissimi i volontari locali in campo per la distribuzione degli aiuti, per l’accoglienza nelle strutture temporanee, per spalare il fango dalle case e dalle strade. Se da un lato questa solidarietà è incoraggiante – osserva Bombardi -, dall’altro gli operatori si chiedono se l’impegno reggerà anche quando sarà passata l’ondata emotiva. Si teme soprattutto per le strutture di accoglienza temporanea che sono gestite per lo più da volontari. Non è chiaro come potranno restare attive se dovesse ridursi o venir meno l’impegno di chi finora si è speso moltissimo».Che cosa si può fare? Caritas Italiana ha lanciato una raccolta fondi per coprire le spese della prima emergenza e sostenere il lavoro dei volontari e operatori impegnati sul posto. Le indicazioni per contribuire sul sito della Caritas.
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