mercoledì 23 agosto 2023
Cresce il numero delle vittime del rogo, tra loro due bambini. Il dramma nella foresta di Dadia, vicino alla città portuale di Alessandropoli
In Grecia non  si fermano gli incendi, soprattutto nelle zone costiere: in uno di questi sono morti 26 migranti

In Grecia non si fermano gli incendi, soprattutto nelle zone costiere: in uno di questi sono morti 26 migranti - Ansa

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Ventisei corpi, tra cui quelli di due bambini. Tutti carbonizzati dal fuoco che investe la Grecia, in uno degli anni peggiori sul fronte incendi nel Paese (sono bruciati in tre giorni oltre 400mila ettari). Li hanno trovati nella foresta di Dadia, vicino alla città portuale di Alessandropoli, nell’estremo nord-est; altri sono stati rinvenuti a Lefkimmi, in una zona vicino alla foresta di Evros. Il portavoce dei vigili del fuoco, Giannis Artopioros, ha spiegato che i cadaveri sono stati scoperti in gruppo e che, non essendoci denunce di persone scomparse, si lavora sull'ipotesi che si tratti di profughi entrati irregolarmente nel Paese. Oltre agli incendi ad Alessandropoli, preoccupano i focolai nella prefettura dei Rodopi, ad Aspropyrgos, nell'Attica occidentale, e quelli nella Beozia.

A proposito di migranti: esisterebbe una correlazione tra il naufragio del peschereccio Adriana al largo di Pylos a metà giugno, con le sue oltre 600 persone inghiottite dal mare, e il cambio di strategia e di modalità con cui le autorità greche, da luglio, operano i consueti respingimenti di migranti verso la Turchia. «La situazione degli arrivi sulle isole dell’Egeo è drasticamente cambiata.

Da quando Adriana è affondata, chi riesce a mettere piede a terra non viene più braccato né respinto. Almeno per il momento può chiedere asilo». Lo racconta Tommy Olsen, fondatore della Ong norvegese Aegean Boat Report, che da anni monitora le violazioni dei diritti umani contro i migranti nell’Egeo. «Pensiamo che la novità sia collegata con il naufragio di giugno. Le autorità greche sono state costrette a cambiare alcune delle loro pratiche illegali», aggiunge, riferendosi al fatto che la guardia costiera ellenica è stata accusata da alcuni dei 104 sopravvissuti di avere dirette responsabilità nell’affondamento. Se chi riesce ad approdare sulle isole per ora può sperare di restarci, al telefono Olsen sottolinea che i «respingimenti in mare, invece, continuano.

La guardia costiera cerca di fermare quante più barche possibile». Dal 2018 l’attivista raccoglie e diffonde online notizie sui pushback illegali di Atene a un ritmo così incalzante da essere già finito nel mirino della giustizia greca nel 2021. La notifica di un nuovo procedimento penale a gennaio ha spinto Amnesty International, Human Rights Watch e la relatrice speciale Onu per i difensori dei diritti umani a manifestare preoccupazione per il suo caso. Lo stop quasi totale dei respingimenti a terra, intanto, avrebbe già avuto un impatto sugli arrivi. A luglio si è assistito al vertiginoso aumento del 261% di persone registrate rispetto allo stesso mese del 2022. «92 barche (quasi 2.600 migranti) sono giunte a luglio sulle isole, il numero più alto in tre anni e mezzo», rileva l’attivista. Secondo il conteggio tenuto da Aegean Boat Report, dal 2020 sarebbero state 62.700 le persone rispedite indietro da Atene. «Diecimila quest’anno, in violazione del diritto internazionale, costringendo (le barche) a invertire la rotta sotto la minaccia delle armi, rimuovendo i motori e rimorchiandole indietro», denuncia l’Ong. Ancora più incredibili le modalità dei pushback dalle isole, quelli che ora appaiono sospesi.

Prevedevano di caricare su zattere di salvataggio gonfiabili le persone appena sbarcate, che venivano così rimandate in mare. Una pratica che Olsen denuncia dal 2020. «Da foto e video abbiamo realizzato che si trattava di scialuppe di salvataggio ». Negli ultimi due anni «una media di 40 scialuppe ogni mese sono state trovate alla deriva. A luglio, solo 5. Nello stesso mese del 2022 erano state 65, a bordo 1.200 persone». A operare i respingimenti da terra, secondo testimoni, erano uomini con passamontagna e uniformi senza contrassegno, che, spiega Olsen, «esercitavano una certa autorità, impartendo ordini alla polizia. Atene ha sempre negato che esistessero». Da luglio «sembrano evaporati» dalle operazioni di terra. Sono, però, curiosamente ricomparsi nelle immagini girate durante alcune operazioni di soccorso (il 31 luglio e il 2 agosto) e pubblicate dalla guardia costiera sul proprio sito ufficiale. «Per anni abbiamo visto questi uomini respingere violentemente le persone. Non è strano - ironizza Olsen - che questi misteriosi uomini appaiano ora nei video della stessa guardia costiera, nel corso di “operazioni di salvataggio” ufficiali?».

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