sabato 17 giugno 2023
Dopo le dimissioni dell’ex premier, lunedì a Westminster i Tory «si contano» sul Partygate
L'ex premier britannico Boris Johnson non si stanca di correre

L'ex premier britannico Boris Johnson non si stanca di correre - Toby Melville (Reuters)

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Boris Johnson si è arreso. Almeno per il momento. Lunedì pomeriggio la Camera dei Comuni è chiamata a votare la mozione che recepisce le conclusioni della Commissione parlamentare sul Partygate. Il rapporto che certifica l’intenzionalità delle sue bugie raccontate a Westminster nelle vesti di premier. L’ex leader dei Tory, dimessosi da deputato la scorsa settimana, ha invitato i suoi alleati a non opporre resistenza perché tanto l’esito del voto non avrebbe, nell’immediato, chissà quali conseguenze. Tra i suoi “amici” più fedeli c’è persino chi minimizza la portata della verifica definendola simbolica. Eppure, l’ex re dei conservatori caduto in rovina rischia, letteralmente, di essere messo al bando dal Palazzo.
Il dossier messo a punto dai sette deputati che compongono la Commissione non si limita a dire che, se Johnson fosse ancora onorevole, avrebbe meritato una sospensione di 90 giorni. All’ex premier, è la raccomandazione, andrebbe ritirato il tesserino che ne concede l’accesso al Parlamento in qualità di membro non più eletto dell’aula. Qualcosa di più, insomma, di un’ammonizione. Una punizione dai tratti dell’umiliazione. L’opposizione voterà in blocco a favore della mozione. Chi, ci si chiede, la sosterrà invece dai banchi di destra? È facile che molti conservatori decidano di astenersi. Se lo speaker della Camera verificherà che il testo gode già della maggioranza dell’aula, la verifica dei numeri potrebbe anche essere evitata. Nel silenzio imbarazzato del governo.
Johnson, che proprio lunedì festeggerà il suo 59esimo compleanno, pare quasi rassegnato a quello che, fino a qualche giorno fa, aveva definito un “assassinio politico”. Ha fatto sapere di aver firmato un contratto come editorialista dal Daily Mail. Il suo primo pezzo non lo ha fatto contro l’attuale premier Rishi Sunak, il rivale messo in crisi dall’esito incerto delle suppletive nel seggio lasciato vacante da Johnson, il 20 luglio. Lo ha scritto, invece, per raccontare di aver preso un farmaco per perdere peso dopo «40 anni di fallimento morale, 40 anni di debolezza alla tentazione».

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