lunedì 20 maggio 2013
​Otto autobomba hanno colpito Baghdad e aree vicinE, provocando la morte di 37 persone. Altri due veicoli imbottiti di esplosivo sono saltati in aria a Bassora, uccidendo almeno 13 persone. 
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Ottantacinque morti in 24 ore, tra autobomba che hanno fatto strage tra civili, soprattutto sciiti, e attacchi alla polizia: l'Iraq appare sempre più sull'orlo di una nuova guerra interconfessionale aperta, mentre il primo ministro Nuri al Maliki, annunciando un cambiamento nella "strategia della sicurezza" con la sostituzione di diversi responsabili, punta il dito contro "i politici che con le loro affermazioni settarie che fomentano la violenza".Otto autobomba sono esplose stamane a Baghdad e in altre località vicine alla capitale, con un bilancio totale di 37 morti e oltre 180 feriti. L'attacco più grave è avvenuto in un mercato nell'area sciita di Shaab, nel nord-est della città, dove 12 persone sono morte e almeno 20 sono rimaste ferite. Altri due veicoli imbottiti di esplosivo sono saltati in aria nella città sciita di Bassora, 420 chilometri a sud-est di Baghdad, uccidendo 13 persone e ferendone 28.Nel pomeriggio sulla strada tra la capitale e la città santa sciita di Samarra, 150 chilometri a nord-ovest di Baghdad, sei pellegrini iraniani e due iracheni che viaggiavano su un autobus sono stati uccisi e altre 18 persone ferite nell'esplosione di un ordigno posto al lato della carreggiata. Mentre nella stessa Samarra una bomba ha ucciso tre membri delle milizie sunnite Sahwa ("risveglio"), che si battono contro Al Qaida, mentre erano in attesa di ritirare lo stipendio.Ventiquattro agenti di polizia erano morti invece la notte scorsa in scontri con miliziani armati nella provincia occidentale di Al Anbar. Secondo fonti della sicurezza, 12 poliziotti che erano stati rapiti sono stati uccisi durante un tentativo di liberazione da parte dei loro colleghi, mentre altri 12 agenti sono stati uccisi in assalti di insorti contro due commissariati.  Salgono così ad almeno 200 i morti negli attentati e negli attacchi di miliziani armati solo nell'ultima settimana, in un Paese attraversato da una grave crisi politica che teme il ritorno ai momenti peggiori delle violenze interconfessionali, tra il 2006 e il 2007. Migliaia di persone continuano a manifestare nelle province a maggioranza sunnita - in particolare quella di Al Anbar dove è ancora forte la presenza di Al Qaida - contro Maliki, che è sciita e che accusano di seguire una politica discriminatoria nei loro confronti e allineata con l'Iran.Il primo ministro ha cercato di soddisfare alcune delle richieste degli oppositori, in particolare con il rilascio di migliaia di persone che erano state arrestate in base a leggi antiterrorismo contestate dai sunniti. Ma il governo, ha avvertito oggi Maliki, "non è disposto a tollerare coloro che hanno violato la legge e lo Stato". Il premier ha aggiunto che ci sono "gruppi armati creati anche da membri del Parlamento" e ha affermato che lo Stato "perseguirà chiunque abbia violato la legge".
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