sabato 12 febbraio 2022
Nel mondo 250mila minori sono arruolati da eserciti e milizie. La Somalia è stato fra i Paesi più coinvolti con 1.700 casi. La pandemia ha accresciuto i reclutamenti in Colombia, Mali e Burkina
Ragazzi yemeniti sfollati: tra loro vengono spesso reclutati combattenti da parte dei miliziani Houthi

Ragazzi yemeniti sfollati: tra loro vengono spesso reclutati combattenti da parte dei miliziani Houthi - Ansa

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Migliaia di bambini non giocano e non vanno a scuola, perché costretti a combattere, rapiti da scuole e villaggi. Per vincere le loro resistenze spesso vengono obbligati ad affrontare un’atroce scelta: uccidere o essere uccisi. L’utilizzo dei più piccoli nelle guerre è funzionale a terrorizzare le popolazioni nemiche; i fanciulli sono facilmente manipolabili e possono essere trasformati in carnefici. La fame è anche un’altra leva potente, chi ha i fucili può mangiare. È così da sempre, come dal 2002 il 12 febbraio si accendono su di loro, per poche ore, i riflettori, con la Giornata mondiale contro l'impiego dei minori nei conflitti armati o Red han Day.

Anche papa Francesco, questa mattina, ha rivolto un pensiero a loro, con un tweet: "I bambini soldato sono derubati della loro infanzia, della loro innocenza, del loro futuro, tante volte della loro stessa vita. Ognuno di loro è un grido che sale a Dio e che accusa gli adulti che hanno messo le armi nelle loro piccole mani. #RedHandDay".

Nel mondo sono almeno 250mila e i Paesi più interessati, secondo un rapporto del segretario dell’Onu Guterres, sono: Afghanistan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Mali, Nigeria, Sudan, Sudan del Sud, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar.

In questi Paesi decine di milizie ma anche eserciti regolari utilizzano i baby-soldati. La Somalia, secondo le Nazioni Unite, nel 2020 è stato fra i Paesi più coinvolti con 1.700 ragazzini, per lo più rapiti dai jihadisti di al-Shabaab, ma anche da esercito e polizia che li hanno utilizzati in quasi 200 interventi. Nella Repubblica democratica del Congo oltre 2.500 minori sono stati reclutati dal 2008 e utilizzati fino al loro rilascio, nel 2019, da decine di milizie. Neanche la pandemia ha bloccato il fenomeno, che anzi si è ampliato ad altre zone, come il Sahel, in Mali, con almeno 200 casi e in Burkina Faso. Il compito di questi piccoli non è “solo” di combattere, ma anche di essere cuochi, facchini, messaggeri. Alle ragazzine spetta il compito di spose dei guerriglieri e visto che per loro è più facile evitare controlli sono usate, da Boko Haram, in Nigeria, come kamikaze.

I minori trasformati in soldati sono sottoposti a violenze di ogni tipo: uccisioni, torture, mutiliazioni, uso di droghe, somministrate per eliminare dolore e paura, gravidanze indesiderate e Aids. Gli stupri, purtroppo, sono ampiamente usati dalle guerriglie e dagli eserciti, in Congo, Somalia, Repubblica Centrafricana, Sudan e Sud Sudan. Le guerre, inoltre, distruggono anche ospedali e scuole, calpestando le convenzioni internazionali, nell’adozione delle quali l’Italia ha svolto un ruolo significativo; in tal modo migliaia di persone sono private di diritti fondamentali e di ogni prospettiva di futuro.

Nel solo 2019 l’Onu ha accertato almeno mille attacchi contro scuole ed ospedali, con il raddoppio di quelli colpiti dagli eserciti, soprattutto in Somalia. L’Unicef è riuscita a smobilitare oltre 10.000 minori, ma la mancanza di fondi rischia di far sì che gli ex bambini soldato possano essere riarruolati o dedicarsi al banditismo, ad esempio nel Sud Sudan. la Corte penale internazionale, che considera l’arruolamento di minori di 15 anni come un crimine di guerra ha condannato a 30 anni di reclusione Dominic Ongwen, rapito mentre andava a scuola a 10 anni e poi diventato un capo del Lord’s Resistance Army, che ha terrorizzato l’Uganda, per aver commesso decine di reati gravissimi. Una goccia nel mare della guerra dei bambini.

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