sabato 4 aprile 2015
​Rispolverata una vecchia tassa del regime comunista: colpirà anche le casalinghe in un momento in cui la disoccupazione nel Paese è alle stelle per la crisi economica.
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​La disoccupazione è alle stelle e la Bielorussia reagisce con un provvedimento alquanto bizzarro: tassare disoccupati e altri "sospetti" nullafacenti comprese le casalinghe che certo non stanno tutto il giorno con le mani in mano. Aleksandr Lukashenko, l'ultimo dittatore d'Europa secondo l'amministrazione Usa, lancia la sua campagna contro il parassitismo, che in epoca sovietica era punito con il carcere. Il presidente bielorusso ha firmato infatti un decreto che introduce una multa per quanti non lavorano e quindi non pagano le tasse. Tra i parassiti figurano anche le casalinghe. Dovranno pagare 20 mensilità di minimo sindacale, equivalente a 3,6 milioni di rubli bielorussi (223 euro). Gli evasori rischiano una multa salata e perfino l'arresto con l'obbligo di svolgere lavori socialmente utili. Il decreto presidenziale riguarda non solo i cittadini bielorussi, ma anche gli stranieri con la residenza permanente in Bielorussia e gli apolidi. Sono esonerati dal pagamento i pensionati, i disabili, i minori, i lavoratori stagionali e anche i possessori di partita Iva, che però versano già contributi onerosi. La decisione, ventilata da tempo, è stata presa in un momento in cui alcune delle maggiori società e fabbriche bielorusse stanno tagliando il personale. Secondo i dati ufficiali dello scorso febbraio, la disoccupazione nel Paese è dello 0,8%. Ma la compagnia di ricerche Usa Gallup ritiene che questa cifra possa essere il 24%. La Bielorussia nel 2014 è stata investita dalla crisi che ha colpito la Russia, da cui dipende fortemente. Lo scorso ottobre Lukashenko aveva ammonito che "bisogna costringere tutti a lavorare", mentre in gennaio aveva dichiarato che 500mila abitanti in grado di lavorare (su una popolazione di 9,5 milioni di persone) erano senza occupazione e non pagavano le tasse, pur godendo dei benefici sociali assicurati dallo Stato. Il controverso leader bielorusso si era detto anche favorevole alla reintroduzione nel codice penale del reato di parassitismo: "La gente lo capirà. Non c'è bisogno di accantonare niente di quel che c'era di buono nell'epoca sovietica, nemmeno la terminologia". Ai tempi dell'Urss, il parassitismo (art. 209), distinto in tre tipologie (vagabondaggio, accattonaggio e 'altro modo di vita parassità), era punito con una sorta di confino oppure, penalmente, con la reclusione sino a 2 anni o con lavori di correzione da sei mesi ad un anno: nel regno del socialismo non era ammessa l'idea di non lavorare o non trovare lavoro. Il condannato più illustre fu nel 1964 il poeta (critico con il regime) Iosif Brodskij, premio Nobel per la letteratura nel 1987: gli fu inflitta la pena massima di cinque anni di confino, anche se scontò solo 18 mesi prima di essere liberato per il clamore suscitato dal suo caso in Occidente.
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