giovedì 1 giugno 2023
La denuncia della dissidente Tanya Hatsura, in Italia per un incontro della Tematic exhibition on human rights
Le proteste in Bielorussia del 2020 contro la rielezione di Lukashenko

Le proteste in Bielorussia del 2020 contro la rielezione di Lukashenko

COMMENTA E CONDIVIDI

Lotta per i diritti nella sua Bielorussia da quando aveva 15 anni e frequentava le scuole superiori. E adesso che ne ha 43, Tanya Hatsura Yavorska è costretta a vivere a Kiev, dopo una rocambolesca fuga, in seguito a un periodo passato in carcere solo perché aveva organizzato una mostra sgradita al regime di Alexander Lukashenko, denunciandone le falsità in tema di Covid. La dissidente bielorussa è in Italia da qualche giorno e martedì ha partecipato a Roma a un incontro del Tehr (Tematic exhibition on human rights), organizzato dall’attrice Isabel Russinova in collaborazione con la Rete del Caffè sospeso e altre realtà.

«La situazione nel mio Paese - ha raccontato Tanya - è catastrofica. Ci sono migliaia di detenuti politici, nessuno ne conosce il numero preciso, e ai cittadini non viene riconosciuto alcun diritto. Oltre tutto, ci addolora profondamente che la Bielorussia sia diventata il co-aggressore dell’Ucraina insieme con la Russia. E mai come oggi i vertici dello Stato sono totalmente dipendenti dal regime di Putin». Per cui, afferma, «fin quando l’attuale numero uno del Cremlino sarà al potere, non ci potrà essere libertà per noi».

Ella stessa può testimoniarlo in prima persona. A Minsk era tra i fondatori dell’associazione Zvyano, di cui è diventata la leader. Tra le sue iniziative , dal 2015 in poi, il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Minsk, fortemente osteggiato dalle autorità. Nel 2020, dopo le proteste seguite alle elezioni presidenziali, durante le quali molti attivisti furono sottoposti a violenze e arresti, l’associazione cominciò a documentare i casi di tortura da parte delle forze dell’ordine e ancora oggi raccoglie le prove dei crimini del regime di Lukašnka. Nella primavera del 2021, poi, venne organizzata la mostra che trattava il tema della pandemia e denunciava le omertà del sistema sanitario nazionale e le sue responsabilità nel mancato contrasto alla diffusione del virus (le autorità negavano che il Covid fosse arrivato in Bielorussia). La mostra restò aperta un solo giorno e Tanya fu trasferita in un centro di custodia cautelare. «Sono andati a casa mia, l’hanno perquisita, hanno picchiato mio marito, cittadino ucraino, e in seguito hanno espulso lui e mio figlio dal Paese, con il divieto di rientrare per dieci anni». Il giorno della loro partenza gli agenti della polizia del regime hanno inoltre tentato un ricatto morale. «Sono venuti in carcere e mi hanno offerto di far restare mio marito e mio figlio, in cambio della mia rinuncia a ogni lotta per i diritti umani, anzi mi hanno chiesto di collaborare con il governo. Naturalmente ho rifiutato».

In seguito Tanya è stata rilasciata e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, approfittando della confusione, è riuscita a recarsi a Kiev rincongiungendosi con i suoi cari. Sulla fine delle ostilità ha le idee chiare: «Solo Putin, ritirandosi dalle terre ucraine occupate, può far finire la guerra. Ma questo è al momento improbabile e gli ucraini non possono accettare le sue condizioni». E della missione di pace che il Papa ha affidato al cardinale Matteo Zuppi che cosa pensa? «Se il Papa convincesse Putin, sarebbe una cosa bellissima». Si ferma, sorride e conclude con una battuta: «Penso che gli ucraini diverrebbero tutti cattolici».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI