mercoledì 15 gennaio 2020
Sono accusati a Gand di aver violato le norme uccidendo una donna 38enne nel 2010: rischiano l’ergastolo. Se ritenuti colpevoli potrebbe entrare in crisi l’intero sistema che funziona da 18 anni
Nella primavera 2014 in molte città del Belgio si erano registrate forti proteste contro la decisione di estendere la pratica dell’eutanasia anche ai bambini

Nella primavera 2014 in molte città del Belgio si erano registrate forti proteste contro la decisione di estendere la pratica dell’eutanasia anche ai bambini - Ansa

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Sono accusati a Gand di aver violato le norme uccidendo una donna 38enne nel 2010: rischiano l’ergastolo Se ritenuti colpevoli potrebbe entrare in crisi l’intero sistema che funziona da 18 anni Bruxelles Un processo simbolo che potrebbe avere conseguenze importanti su una delle normative più controverse del Belgio, quella sull’eutanasia. Perché ieri a Gand, nelle Fiandre, si è aperto il primo processo per violazione delle norme sulla cosiddetta «morte dolce », imputati tre medici che nel 2010 posero fine (su sua richiesta) alla vita della trentottenne Tine Nys. Si tratta di Joris V.H., 59 anni, Frank D., 58 anni, e della psichiatra Godelieve T. (67 anni). Un processo all’insegna dell’alta tensione, tanto che agli avvocati delle due parti è stato vietato di parlare alla stampa. Se i sanitari saranno ritenuti colpevoli, potrebbero esser condannati anche all’ergastolo. Quanto basta per spaventare tutta la categoria medica belga: «Se il processo – commenta il quotidiano fiammingo De Morgen – porterà anche alla condanna anche di uno solo dei tre imputati, potrà mettere a rischio l’intero sistema»: in caso di richiesta di eutanasia da parte di un paziente, i sanitari cercheranno di scaricarselo l’un l’altro per non avere problemi. Da tempo in Belgio si levano voci per almeno una riforme della normativa a fronte di un crescente numero di denunce, il processo potrebbe accelerare il dibattito. Tine Nys soffriva da anni di disturbi psichici, aveva ten- denze suicidi, con una lunga storia di crisi, terapie, ricoveri ospedalieri.

Appreso dalla psichiatra Godelieve T. della possibilità di eutanasia per gravi sofferenze psichiche, la donna fece domanda di morire il giorno di Natale del 2009. L’eutanasia fu attuata la sera del 27 aprile 2010 da parte di uno degli imputati, Joris V.H. La famiglia denuncia varie irregolarità. A cominciare dall’attuazione pasticciata dell’eutanasia: il medico non era ben attrezzato, non aveva neppure un cerotto per fissare l’ago, al punto da dover chiedere al padre di Tine di tenerlo lui nel braccio della figlia. I «pasticci », però, non basterebbero a giustificare un processo, ci sono altri aspetti ben più gravi. Ad esempio, secondo le due sorelle della paziente, Sophie e Lotte Nys, i medici avrebbero dovuto attuare una terapia anziché procedere all’eutanasia, soprattutto visto che poco prima della sua morte a Tine era stato diagnosticato anche l’autismo.

Non basta: sempre stando alle due sorelle, il parere di uno psichiatra, obbligatorio in caso di eutanasia per sofferenze psicologiche, è arrivato appena due ore prima dell’iniezione letale. Inoltre il dossier sulla donna è giunto alla Commissione di controllo dopo 51 giorni dal decesso, anziché i quattro previsti dalla legge. La sentenza è attesa tra due settimane.

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